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Il vescovo Cevolotto in cammino dal guado di Sigerico a Bobbio

colombano

Giovedì 19 maggio è stata presentata, nel Seminario vescovile di Piacenza,  la guida “Il Cammino di San Colombano”, firmata da Caterina Barbuscia e Valeria Beretta ed edita da Terre di Mezzo. Oltre alla totalità di informazioni tecniche e geografiche, la guida è utile a chi voglia mettersi lo zaino sulle spalle al confine svizzero per poi deporlo a Bobbio 330 km dopo; è un testo ricco di approfondimenti sia sulla storia e la spiritualità del territorio attraversato sia sulla figura del quel santo irlandese che più di 1400 anni fa si spense a Bobbio dopo una lunga peregrinatio. All’incontro, mediato dal nostro direttore don Davide Maloberti, presenti il vescovo mons. Adriano Cevolotto, in veste di relatore, e i primi cittadini di alcuni comuni del piacentino compresi nell’itinerario.
Di Valentina Corradi, Monica Valeri, Manuel Ferrari e Mauro Steffenini gli interventi.

Dal 29 al 31 maggio il Vescovo in cammino sulle orme del Santo

È all’età di 17 anni che il vescovo Cevolotto, il quale quest’estate andrà a Santiago coi giovani della diocesi, ha compiuto il suo primo cammino con i seminaristi trevigiani, noti per organizzarne uno all’anno. “Indimenticabili – ha esordito – quei 30 km giornalieri per arrivare a Roma partendo da Orvieto”. Esperienza di grazia, spirituale ed educativa è per lui il camminare. Strada facendo si esplora l’ignoto, ossia si conosce ciò che vi è di nuovo, dentro e fuori di noi. Questa – ha precisato – è la sfida e l’avventura: vedere se siamo in grado di spostare il nostro limite. Il capo della Diocesi di Piacenza-Bobbio usando poi l’immagine dello zaino, per alludere alla sicurezza che ci piace mettere in groppa, ha invitato ad alleggerirlo il più possibile. Il superfluo duole alle spalle e pesa sulle ginocchia, rendendo insopportabile la marcia.
“Prendere coscienza dell’essenziale è un grande esercizio di umiltà” ha ribadito. Meta e promessa di bene, gli altri due aspetti del camminare citati dal Vescovo. La destinazione, che non è mai solo un punto sulla mappa, cambia ad ogni passo. “Spesso finisci per trovare ciò che non stavi cercando ed è questa – ha proseguito – la cosa bella”. In che senso, infine, si cammina per una promessa di bene? Riformulando le parole del vescovo Adriano, il viandante è il cristiano. Su un sentiero già tracciato da un altro, seguendo le orme, pur se a proprio modo e con nel cuore la gioia di arrivare, il viandante cammina come il credente cammina dietro Gesù.
Il Vescovo dal 29 al 31 maggio si recherà a piedi dal guado di Sigerico (Sopravivo di Calendasco) all’Abbazia di San Colombano (Bobbio).

Camminare è ritrovare se stessi

A prendere la parola poi è Valentina Corradi, esperta escursionista, mamma, avvocato, docente a Castel San Giovanni, referente di Confedilizia per il Regno Unito. Nata a Piacenza, in una famiglia appassionata di camminate, ha vissuto per un tempo a Londra, occupandosi di assistenza legale a molti italiani lì residenti. Tornata nella sua città natale, dopo aver girato il mondo con la nazionale italiana di rugby, ha riscoperto la gioia del camminare, attività curativa, come lei stessa ha precisato.
“Viaggiare e camminare sono due azioni differenti, addirittura antitetiche” ha sottolineato la Corradi. “La prima – ha continuato – implica velocità, allontanamento, rumore; la seconda invece è un avvicinamento, nel silenzio, a noi stessi”. Per Valentina camminare significa spogliarsi dei pesi, ritrovare la propria persona che, nella frenesia della vita quotidiana, tende a perdersi. Camminare è per lei anche una forma di preghiera in movimento perché – come ha detto in conclusione – si è nella predisposizione ideale per rivolgersi a Dio. “C’è il tempo, c’è l’ambiente, c’è il silenzio e ci siamo noi stessi”.

L'impegno della Regione

In collegamento da Bologna, Monica Valeri, responsabile del progetto Circuito Cammini e Vie di Pellegrinaggio dell’Emilia-Romagna. “La nostra regione – ha esordito – fungendo da collegamento tra nord e sud, nella direzione di Roma e della Terra Santa, si trova in una posizione strategica”.
Vantaggio che ha permesso di recuperare gli antichi camminamenti che portavano i pellegrini a Roma e di configurare un sistema, aperto e dinamico, di reti di cammini. Grande è l’impegno della Regione nella valorizzazione di questi che, dal 2017 ad oggi, sono raddoppiati arrivando così a un totale di 20 itinerari. “È necessaria – ha proseguito la Valeri – una forte partecipazione a livello territoriale, cioè tanti soggetti devono darsi da fare, tra associazioni e comuni”. Partecipazione ed interesse che, da parte delle persone, è ben percepibile. 26 i requisiti affinché un itinerario possa aderire al progetto e, sul destino del cammino di San Colombano, la Valeri ha rassicurato: “Siamo pronti ad avviare un dialogo per inglobare anche quest’ultimo. I requisiti si possono raggiungere lavorando insieme”. In conclusione, l’invito a partecipare, l’8 e il 9 del prossimo ottobre, alla quarta edizione di Monasteri Aperti. Un’iniziativa volta a far scoprire luoghi di culto coinvolgendo attivamente le comunità.

Valorizzare il patrimonio della diocesi

È stato poi il turno di Manuel Ferrari, architetto e direttore dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della diocesi di Piacenza – Bobbio. “Immenso – ha definito – il patrimonio della nostra diocesi: 3700 km2 e 750 chiese da conservare, mossi da stupore e apertura al prossimo”. Ferrari vorrebbe progetti più partecipativi e accoglienti verso il pellegrino che prevedano sostegni concreti. Inoltre, fondamentale è per lui tenere sempre vivo il desiderio di ricerca delle origini e delle tradizioni, ossia essere portatori di identità. “Dobbiamo essere vicini e supportare quelle piccole comunità, quelle famiglie che scelgono di vivere i luoghi in modo identitario, magari trasferendosi per la stagione estiva nel paesino d’origine” ha esortato l’architetto.

Infine l’intervento di Mauro Steffenini, presidente dell’associazione Amici di San Colombano per l’Europa e Segretario Generale dell’Associazione Europa del Cammino di San Colombano. Sono sufficienti un tempo di due settimane e scarpe buone a coprire 330 km per fare un assaggio delle bellezze paesaggistiche dell’Italia in tutti i suoi 64 comuni attraversati e 18 tappe toccate – ha spiegato. Intenso il lavoro di cartellistica, volto a destare curiosità e suscitare consapevolezza, che ha fatto del Cammino di San Colombano un cammino tracciato a tutti gli effetti. Infine Steffenini, sul conto di questo santo che, ripudiando i confini, considerava l’Europa un’unica entità, ha detto: “Esponente più significativo del monachesimo itinerante, il rivoluzionario San Colombano, sempre distaccato dalle sicurezze, lungo la via si fermava ad interagire coi passanti e, senza farlo di proposito, evangelizzava”. Un santo che paragonava la precarietà della vita alla precarietà del pellegrinare e che aveva come unica meta la patria eterna.

Elena Iervoglini

Pubblicato il 21 maggio 2022

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