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Il messaggio delle opere del Pordenone

Dai profeti della cupola al dipinto di Sant’Agostino: l’intervento della biblista Mino in Santa Maria di Campagna

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riprese e montaggio di Carlo Stabellini

La ricerca della verità e della sapienza in Dio.
Questo è quello che si cela dietro gli affreschi del Pordenone in Santa Maria di Campagna che Marialaura Mino, docente di Sacra Scrittura all’Università Cattolica di Brescia, ha illustrato lo scorso 15 marzo con un intervento dal titolo “Il Signore ci precede sempre. Uno sguardo di fede attraverso i secoli. Il messaggio delle opere del Pordenone”.

L’incontro, organizzato in collaborazione con il nostro settimanale, è stato accompagnato dalla corale di Santa Maria di Campagna diretta dal prof. Ivano Fortunati; all’organo, il maestro Leonardo Calori.

Verso l’Alto

Osservando gli affreschi nella basilica di Santa Maria di Campagna e sollevando lo sguardo verso l’alto, si è subito attratti dalle dimensioni dei profeti dipinti dal Pordenone nella cupola: sembrano dei giganti.
Il motivo di questa scelta dell’artista friulano va ricercato nella storia.
Come spiega Marialaura Mino, i primi anni del 1500 sono dominati dall’idea che la fine del mondo sia vicina, l’Apocalisse imminente.
È in questo clima di paura e incertezza che il Pordenone inizia a lavorare nel 1530 alla cupola di Santa Maria di Campagna.

Cosa rappresentano per il popolo quei profeti giganti dipinti sulla cupola della chiesa?
“In quei primi decenni del ‘500 - spiega Marialaura Mino - la gente va in cerca di segni dall’Alto, segni che siano capaci d’indicare il senso dell’esistenza in un momento di forte crisi in cui la vita stessa appare minacciata; i profeti rimandano all’esistenza di un piano di Dio per la storia”.

Tra i profeti e le figure bibliche rappresentati dal Pordenone si possono identificare Daniele, Abacuc, Davide.
Compaiono dipinti molte volte anche libri e rotoli, pochissimi dei quali però sono leggibili. “Questo avviene perché - dice la docente Mino - il Pordenone non sembra qui interessato alla singola profezia, vista quasi come superstizione, ma piuttosto alla profezia in generale”.
Nella cupola sono presenti anche le Sibille, le donne a cui nella tradizione classica sono attribuiti poteri divinatori. Non mancano quindi scene dell’Antico Testamento vicine a citazioni dalla mitologia classica. Il sacro e il profano - spiega Marialaura Mino - vengono tenuti insieme per rappresentare la storia umana nella sua totalità, una storia umana che converge verso un unico centro, Dio Padre, nella sommità della cupola. Gli sguardi dei profeti sono rivolti proprio a quel centro da cui Dio discende con forza e rapidità, con tutto il corpo proteso verso il basso, verso l’uomo.
Il tutto sovrasta la figura di Maria. “La cupola del Pordenone - fa notare la prof.ssa Mino - è concepita come una sorta di baldacchino che scende sulla figura di Maria. Al centro di questo misterioso e allo stesso tempo ordinato dispiegarsi della storia, c’è la Madre di Dio a cui alludono le profezie millenarie”.


SerataMLauraMino 11 2Umile tra gli umili

Il discorso prosegue nella cappella dedicata a Santa Caterina dove sono rappresentati quattro momenti della sua vita: lo sposalizio mistico con Gesù, la predicazione e la conversione dei sapienti in visita ad Alessandria d’Egitto, il tentativo di uccisione fallito grazie all’intervento angelico e, infine, il momento della morte.
La scena che più di tutte colpisce è quella dedicata alla conversione dei saggi in cui Santa Caterina punta il dito verso l’Alto catturando l’attenzione di chi guarda: “Il dito di Santa Caterina - osserva Marialaura Mino - ci dice che la sapienza viene da Dio e i santi stessi sono veicoli della sapienza di Dio nel mondo, Caterina è sola di fronte a una folla di filosofi e sapienti e soprattutto all’imperatore che è raffigurato sempre con atteggiamento sprezzante”.
È solo nell’ultima cappella che compare l’immagine di Gesù, un Gesù bambino, appena nato, in una capanna dove i Magi sono giunti ad adorarlo.
I temi qui sono l’Incarnazione e l’Epifania: un Dio rappresentato come bambino, adorato dai Magi che sono “gente umile e pagana”, un Cristo che non compare crocifisso o in trono, ma piccolo, bambino e nudo, un umile tra gli umili.

Il cerchio poi si chiude con la scena di Sant’Agostino, dipinto seduto su una sedia, a braccia aperte con un viso grave, attorniato da tre putti che sorreggono dei libri. In questa rappresentazione si coglie quasi un augurio benedicente per la Chiesa, un augurio che riporta appunto ai Padri del I millennio, a un rinnovamento della Chiesa che deve guardare all’unità di quel tempo: “Questo gesto del santo che abbraccia le Scritture e il suo sguardo penetrante e profondo - conclude Marialaura Mino - invitano a ripercorrere questa stessa strada dei martiri e dei testimoni di Cristo, per il rinnovamento della nostra fede e della fede della Chiesa per un nuovo inizio”.

Mariachiara Lunati

I testi in pdf degli interventi della biblista Marialaura Mino:
- La cupola

- La cappella di Santa Caterina (disponibile a breve)
- La cappella dei Magi (disponibile a breve)
- Sant'Agostino (disponibile a breve)

Pubblicato il 16 aprile 2018

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