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«Il male in prima pagina non fa vendere di più»

4festaGiornalisti

Ma davvero il male, l’orrore, la malvagità “tirano” e fanno vendere più copie in edicola?
È la domanda che ha accompagnato il convegno “La responsabilità del giornalista nell’informare. Le esperienze giornalistiche del mondo cattolico”, promosso dall’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna in collaborazione con l’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Piacenza-Bobbio e l’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi). Ospiti del dibattito, Marco Tarquinio e don Antonio Rizzolo, direttori di “Avvenire” e “Famiglia Cristiana”.

Ad aprire il convegno a Il Samaritano di Piacenza è stato il vescovo mons. Gianni Ambrosio.
“Si può e si deve rappresentare il degrado - ha dichiarato il Vescovo - di tante cose. La vita va raccontata in tutti i suoi aspetti, anche il male, che causa tante sofferenze. Invito a raccontare la verità della nostra vita. Impegniamoci però per far sì che il bello e il bene prevalgano, perché il bene genera altro bene”.

“È una bugia che il male vende di più - ha dichiarato Marco Tarquinio - una menzogna che si dice da quando nel Paese abbiamo incominciato a trattare con volgarità il male. Comportandosi in questo modo alcune testate hanno avuto brevi fiammate di copie vendute, poi vanno in difficoltà. Chi tratta le notizie così, raccoglie solo cenere”.

“Ai miei collaboratori - è intervenuto don Antonio Rizzolo, direttore di “Famiglia Cristiana” - dico di interessarsi alla speranza, muoversi per cercarla. Dobbiamo dire quello che va e allo stesso tempo anche fare da cani da guardia del potere. Stare davanti ai potenti è difficile: molti intendono il giornale come una bacheca per la politica, l’imprenditoria, le realtà cittadine. Come giornalisti bisogna stare davanti ai potenti con la schiena dritta, come i profeti, che stavano in mezzo alla gente”.

Al convegno hanno portato il proprio contributo anche Carla Chiappini, responsabile dell’Ufficio stampa Svep di Piacenza e componente del Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna, che si è concentrata sulla deontologia di una professione, quella giornalistica, tanto affascinante quanto delicata, e Maria Laura Mino, biblista, docente all’Istituto superiore di Scienze religiose dell’Università Cattolica di Brescia. Il suo intervento ha voluto mettere in luce un lato particolare dei profeti della Scrittura, visti come comunicatori di speranza: il profeta ha la responsabilità di formare l’opinione del popolo perché possa continuare ad appoggiarsi in Dio, dunque può essere paragonato al giornalista per la sua responsabilità di saper creare un’opinione, di saper leggere nelle pieghe della storia, di possedere una visione sui fatti e di saperla comunicare attraverso immagini.


Leggi il servizio a pagina 9 dell’edizione di giovedì 2 febbraio 2017

Clicca qui per i video degli interventi

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