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Veglia missionaria: dal Congo a Piacenza per evangelizzare

veglia23


 
“Vogliamo ricordare insieme i cuori ardenti e i piedi in cammino che hanno spinti i passi dei missionari e delle missionarie a seguire  il Signore sulle strade del mondo”: con queste parole è iniziata la Veglia Missionaria, celebrata il 20 ottobre nella cattedrale di Piacenza, presieduta dal Vescovo, mons. Adriano Cevolotto. Una preghiera che fatto memoria dei 60 anni di esperienza missionaria “fidei donum” con cui sacerdoti diocesani, laici e laiche, sono stati inviati nel mondo come testimoni della fede, a nome della diocesi di Piacenza-Bobbio.

Sbizzarrito dall’azione dello Spirito
A don Luigi Mosconi, sacerdote fidei donum, rientrato di recente dal Brasile, dopo 56 anni trascorsi in missione, il compito di aprire la veglia. Don Luigi ha raccontato con passione, mettendosi spesso la mano sul cuore, la storia della sua vita.
Don Mosconi, nato a Travazzano di Carpaneto il 17 marzo 1940, ordinato sacerdote il 23 maggio 1964, ha affermato come, negli anni 60’ mentre la Chiesa celebrava il Concilio, è maturato in lui, che a quei tempi era ancora un giovane seminarista, il sogno di dedicare la sua esistenza alla missione. A ispirarlo erano state anche le parole di papa Giovanni XXIII, che una volta chiese ai seminaristi di essere disponibili per lavorare a favore del mondo intero. È partito per la prima volta per il Brasile nel lontano 1967, come missionario fidei donum, insieme ad altri due sacerdoti piacentini, don Virgilio Zuffada e don Pietro Callegari, e una coppia di sposi di Imola, su mandato dell'allora Vescovo di Piacenza mons. Malchiodi.
Incredibile, per i tempi di oggi, il primo viaggio: dieci giorni di traversata a bordo del transatlantico Eugenio Costa.
Dopo aver svolto la sua opera per più di un decennio a Vitória da Conquista, nello stato brasiliano di Bahia, a cavallo degli anni Ottanta don Luigi è rientrato in Italia per quasi due anni, dirigendo il Centro missionario diocesano. Dopo essere tornato in Brasile, dal 1980 al 1983 ha operato a Paragominas (nello Stato del Parà), seguendo il processo di formazione delle Comunità Ecclesiali di Base (CEBs), autentici centri di diffusione del Vangelo. Per dieci anni ha fatto parte dell'equipe dell'Istituto di Pastorale Regionale (IPAR), con sede a Belèm, al servizio di dodici diverse Diocesi della grande regione dell’Amazzonia, sparse su un territorio grande quattro volte l’Italia, dove si è anche dedicato all’insegnamento biblico.
Nel 1989, coinvolgendo alcuni responsabili delle Comunità Ecclesiali di Base (CEBs), si è sviluppata poi la proposta di avviare le cosiddette missioni popolari, un’iniziativa che ha suscitato vasto interesse in Brasile e anche in altri Paesi dell’America Latina. Da quegli anni lontani le missioni popolari si sono progressivamente diffuse in più di cento diocesi, una quindicina delle quali in paesi di lingua spagnola, e il processo formativo missionario ha coinvolto nel complesso più di 500 mila persone, la stragrande maggioranza dei quali laici.
“La missione di Gesù - ha detto don Luigi - non è stata una missione religiosa, ma, prima di tutto, una missione di carità, per costruire sulla terra il regno dei cieli, un nuovo tipo di società, dove al centro c’è l’opzione per i deboli per i poveri.
Ho avuto la possibilità - ha concluso don Mosconi - di sbizzarrimi  mosso dallo Spirito, e adesso sono qui in questa diocesi che mi ha generato alla vita cristiana e mi ha ordinato presbitero. Sono arrivato alla volata finale della mia vita: spero di volare bene”.

Raccontare il cuore ardente
L’episodio evangelico dei “Discepoli di Emmaus” è stato al centro della riflessione di mons. Adriano Cevolotto, che si è ispirato al discorso di papa Francesco in cui racconta l’episodio di Emmaus come una storia di vocazione che si conclude con la missione.
“Gesù - ha affermato mons. Cevolotto - dopo aver preso il passo lento e affaticato dei due discepoli, si mette in loro ascolto”. Per il Vescovo quindi il primo aspetto della missione è il gesto dell’ascolto, del mettersi in un atteggiamento disarmante, comprendendo i propri fallimenti come un’opera di purificazione interiore. I discepoli di Emmaus, infatti ricevono un rimprovero da Gesù perché nella valutazione dei fatti accaduti partivano da sé stessi e dalle loro delusioni. La missione  è invece - secondo mons. Cevolotto - la capacità di affidarsi alla parola di Dio, e la strada primaria del missionario è quella di essere discepolo di Cristo.
Il Vescovo ha poi messo in evidenza che Gesù viene riconosciuto come ”colui-che-spezza-il-pane” che è il nome del Risorto.
“Il missionario - ha aggiunto il presule - è l’immagine del volto di Gesù che dona la sua vita, di colui che cammina, i cui piedi non stanno fermi, aspettando che siano gli altri a venirgli incontro. La missione - ha concluso il Vescovo - è qualcosa che riguarda tutti: significa raccontare il cuore ardente che abbiamo dentro”.

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Nella foto, il Vescovo mentre conferisce il mandato missionario a tre sacerdoti congolesi all'opera nella diocesi di Piacenza-Bobbio.

Un ministero con cuore umile e generoso
Mons. Adriano Cevolotto ha poi conferito il mandato missionario a tre sacerdoti provenienti dalle diocesi congolesi di Kabinda e Kisantu, don Richard Kankiesa Mankamba, don Paulin Kutenalu Tshitenge e don Daniele Mateso Dingansi.
I tre sacerdoti hanno espresso la loro profonda gratitudine per l'accoglienza calorosa ricevuta dal Vescovo e dalla diocesi di Piacenza-Bobbio. Con cuori umili e generosi, hanno condiviso la loro determinazione di compiere il loro ministero seguendo le orme di Cristo, il "Buon Pastore". La loro testimonianza ha riflettuto la visione di una Chiesa in uscita, un concetto amato e sostenuto da papa Francesco. Essi si sono impegnati a proclamare il Vangelo con passione e dedizione, portando la luce della fede in ogni luogo.
Uno degli aspetti più toccanti della serata è stata l'umile richiesta dei nuovi sacerdoti. Essi si sono impegnati a imparare la lingua italiana con diligenza e impegno, riconoscendo che la conoscenza profonda della lingua del paese ospitante è fondamentale per comunicare efficacemente e per comprendere appieno le necessità della comunità a loro affidata. In questo momento di sincera vulnerabilità, hanno chiesto aiuto a tutti coloro che li circondano: alle persone consacrate, ai fedeli laici e a chiunque sia disposto a offrire una mano amica. Hanno chiesto preghiere e consigli, mostrando così la loro umiltà e la loro apertura nel voler imparare e crescere insieme alla comunità che ora chiamano casa.
La Veglia missionaria nella Cattedrale di Piacenza è stata un ritratto vivente dell'amore universale di Dio che abbraccia tutte le nazioni e tutte le culture. È stato un momento in cui le barriere culturali sono crollate, lasciando spazio a un senso profondo di fratellanza e solidarietà.  La Chiesa locale si arricchisce così di nuove voci e prospettive, aprendo le porte a un futuro luminoso e promettente, in cui la diversità è celebrata e dove l'amore di Dio è veramente condiviso da tutti, senza distinzioni.

Riccardo Tonna

Nella foto, un momento della Veglia missionaria in Cattedrale presieduta dal vescovo mons. Adriano Cevolotto.

Pubblicato il 21 ottobre 2023

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