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Preghiamo per entrare
nella volontà di Dio

Dal Vangelo secondo Giovanni (15,9-17)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi.
Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti,
rimarrete nel mio amore, come io ho osservato
i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi
e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri
come io ho amato voi. Nessuno ha un amore
più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando.
Non vi chiamo più servi,
perché il servo non sa quello che fa il suo padrone;
ma vi ho chiamato amici,
perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti
perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga;
perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.
Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

La nostra vita e la Parola
vg2mag24Il frutto dell’amore. Il Vangelo di domenica scorsa parlava di un frutto che i tralci della vite debbono produrre. Questa domenica possiamo cominciare a riconoscere di quali frutti si tratta. È da notare innanzitutto che si parla di frutti e non di opere. L’opera è parola che richiama a un meccanismo umano di impegno e di sforzo. Il frutto invece è il risultato finale di un processo che ha un suo inizio e una sua maturazione. Il frutto non è il punto di partenza, ma di arrivo.
Anche nella vita di fede spesso confondiamo le conseguenze con le premesse: viviamo un appiattimento della vita cristiana dimenticandoci che c’è un punto di partenza, un seme, una crescita e una maturazione. È assurdo voler raccogliere un frutto quando il seme non è stato gettato, è insensato voler raccogliere uva quando il seme che è stato posto nella terra è quello di un rovo. Il frutto di cui Gesù parla è: “che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”.
C’è una forma di amore peculiare che è tutta racchiusa in quell’avverbio, “come”, che esprime un rapporto di somiglianza e di identità. Questo è il frutto. Ma quale è l’inizio da cui parte il processo che fa spuntare questo risultato? “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi”. Gesù rimane nell’amore del Padre: non evade da quell’amore, non lo vive come una prigione da cui scappare, come un legame soffocante da cui sganciarsi il prima possibile.
L’amore del Padre è la fonte della sua gioia, è la sua ricchezza, è la sua forza, è l’origine della sua libertà di deporre la propria vita, cioè di donarla.
I desideri veri. Come scriveva Benedetto XVI nella sua prima enciclica: “nella sequela di Gesù l’amore può essere comandato proprio perché prima è donato e così “dal prima di Dio, può come risposta spuntare anche l’amore in noi” nella comunione di volontà di colui che è “più intimo a me di quanto lo sia io stesso”.

Tutti ci sentiamo incapaci di amare così come Cristo ci ha amato, ma possiamo chiedere che il Padre ci conceda questo dono. Il rapporto con Cristo suscita infatti, in chi rimane in lui, desideri nuovi: la sua Parola, il suo agire con noi, trasforma ed educa il nostro desiderio. Per questo Gesù dice che il Padre concederà tutto quello che chiederemo nel suo nome.
Chiedere equivale a pregare, ma la preghiera cristiana è radicata in Cristo, è sintonizzata sulla sua volontà, sui suoi disegni. La preghiera è preceduta dall’ascolto, dalla conoscenza. Nella preghiera non chiediamo così che si realizzino i nostri progetti, ma che si compia la volontà del Padre. È lo Spirito stesso che geme nei credenti affinché l’amore di Cristo si manifesti anche nella loro vita.
Don Andrea Campisi

Pubblicato il 2 maggio 2024

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