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Migranti alla ricerca di un riscatto

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Il corso Cives ed il percorso di Mondialità consapevole hanno ospitato il 6 febbraio all’Università Cattolica Umberto Curi, filosofo e docente di Storia della filosofia all’Università di Padova, per parlare di dignità umana in relazione al fenomeno migratorio.

Posizioni opposte nel dibattito politico sull’emigrazione

“La politica pare si sia inchiodata – ha osservato il professore - sulla contrapposizione di due parole d’ordine che personalmente mi paiono inadeguate a cogliere e ad analizzare adeguatamente la complessità del fenomeno migratorio. Queste parole sono accoglienza e respingimento. Le parti si contrappongono in un dibattito politico propagandistico senza fare passi avanti per affrontare il problema”.

“Le diverse correnti politiche al contrario – ha continua Curi - convergono nella distinzione tra profughi richiedenti asilo perché provenienti da zone di guerra, perseguitati ideologici, religiosi, politici o razziali e migranti economici. I primi sulla base di una legislazione nazionale ed internazionale devono essere accolti; i secondi, cioè coloro che migrano spinti dalla ricerca di migliori condizioni economiche, vanno considerati – anche secondo il sentire comune - clandestini, abusivi, delinquenti, perché violano la legislazione in tema d’immigrazione e, perché no, anche potenziali terroristi. Questa differenziazione ha incorporato in sé una distinzione di valore e di qualità tra i diversi soggetti, per cui i primi possono essere accolti ed secondi al contrario respinti”.

Ma chi è il migrante economico?

Perché – si è chiesto il relatore - centinaia di migliaia di persone che non devono fuggire da teatri di guerra affrontano l’incertezza di pericoli estremi per arrivare in Europa? Da quali condizioni fuggono? Secondo i report della FAO, relativi alla condizione della fame nel mondo, dei circa sei miliardi di popolazione sul pianeta, tre miliardi di persone dispongono di due dollari al giorno per sopravvivere, tra questi un miliardo e 200 milioni vivono con meno di un dollaro al giorno, quattro quinti della popolazione mondiale dispone di un quinto delle risorse.

Nei Paesi più poveri ci sono più di 300mila decessi alla settimana dovuti alla fame ed un essere umano su sei non ha accesso all’acqua potabile. Sono 11 milioni i bambini che ogni anno muoiono per denutrizione, ed altri due milioni e centomila, al di sotto dei cinque anni, muore per malattie associate alla diarrea, ogni minuto una donna muore di parto.

Questi dati fanno emergere in maniera plastica e fondamentale – ha concluso Curi - una del tutto iniqua, distorta e squilibrata distribuzione di risorse al mondo, senza considerare che secondo i dati della FAO siamo nella condizione economica di produrre 2800 calorie al giorno per 12 miliardi di individui, potendo potenzialmente avere le possibilità di sconfiggere radicalmente la fame nel mondo. Se ciò non accade è perché perdura una distribuzione asimmetrica delle risorse: qualcuno ne ha troppe e qualcun’altro troppo poche. Alla luce di questi dati sommari si può capire perché tante persone affrontato un viaggio pericoloso rischiando la propria vita. Dunque, mi chiedo – ha aggiunto - quale sia la differenza tra migrante di guerra o di povertà.

Ci vuole lucidità ed onestà politica

“Attualmente il continente europeo – ha proseguito - ospita circa 500 milioni di abitanti, mentre l’Africa circa 800. Con le prospettive di crescita si prevede che nel 2040 l’Europa manterrà la sua popolazione invariata, mentre in Africa dovrebbero esserci circa due miliardi di abitanti. Come si può immaginare di reggere un simile impatto se continuerà una distribuzione così diseguale delle risorse? Alcune esigenze s’impongono con una tale forza che il propagandare il respingimento è solo un imbroglio ed un inganno, perché due miliardi di persone che premono sui confini diventano qualcosa d’ingestibile. Qualunque persona non schierata dal punto di vista ideologico dovrebbe capirlo: o si riesce a rendere meno drammatico lo scarto tra l’opulenza dei Paesi occidentali e la miseria assoluta di quelli poveri, oppure se non si vogliono perdere i privilegi si facciano altre scelte, ma che siano consapevoli e chiare, perché presto dovremo armare i muri costruiti sui confini”.

Stefania Micheli

Ascolta l'audio   

Pubblicato il 14 febbraio 2019

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