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«I giovani vogliono testimonianze pratiche del Vangelo»

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Liturgie più vive, una fede più “adulta” e meno “bambina”. E ancora, “siamo ancora contenti di essere cristiani?”. L’Azione Cattolica di Piacenza torna a riflettere sulla Chiesa e sull’allontanamento dei giovani e, nel farlo, scopre che alcuni aspetti non vanno bene neanche agli adulti. A chi la Chiesa la vive ancora, a chi il cristianesimo lo “pratica” nelle celebrazioni e nelle azioni quotidiane. La serata di lunedì 12 febbraio nel salone parrocchiale di Santa Franca a Piacenza è stata dedicata alla discussione sui dati comunicati da Paola Bignardi nel primo episodio del dittico di appuntamenti, frutto di una ricerca condotta dall’Istituto Toniolo di Milano sulla base di interviste a cento persone dai 18 ai 30 anni che si sono allontanate dalla Chiesa. Sulle questioni sollevate dai partecipanti hanno provato a rispondere don Paolo Capra, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano, don Paolo Cignatta, vicario episcopale per la pastorale, e lo psicoterapeuta Daniele Bisagni.

Testimoniare il Vangelo in modo pratico

“Un cristianesimo diverso per oggi e per domani. Dall’ascolto dei giovani le provocazioni per gli adulti e per la Chiesa”. In tanti chiedono di “svecchiare” le liturgie per renderle “più vive”, c’è anche chi propone di “desacralizzare l’esperienza cristiana e rivedere il peso dell’istituzione” interrogandosi sulla necessità di “trattenere chi è dentro” piuttosto che “andare a riprendere chi è fuori dalla Chiesa”. Un’altra questione riguarda il modo di raccontare la fede. “Da bambini il nostro credere si basa su favolette, ma quando scopriamo che non sono vere crolla tutto”. Da qui la necessità di “trasmettere la fede senza partire da una fede bambina ma subito da una fede adulta”. Qualcuno punta il dito contro la “poca attenzione all’educazione religiosa che causa una mancanza di spiritualità” sostenendo che “per avvicinarsi ai giovani” ci sia bisogno di “essere preparati come educatori”. Un modo efficace potrebbe essere “testimoniare praticamente il Vangelo” perché “la testimonianza vale molto per i giovani”: da qui la richiesta: “La praticità del Vangelo nella società dovrebbe essere più presente nelle omelie”. La riflessione porta i partecipanti, tutti adulti, a pensare al proprio rapporto con la fede. “Siamo ancora contenti di essere cristiani?”, viene detto, “Torniamo a vivere la Chiesa come un mondo di relazioni umane, imparando a condividere e uscendo dal moralismo. Intraprendiamo un cammino comune coi giovani per cambiare reciprocamente”.

Cambiare la liturgia si può

Don Paolo Capra evidenzia come il problema non sia la tradizione in sé ma il modo con cui i cristiani l’hanno irrigidita. “La Chiesa – dice – ha avuto momenti di rigidità e altri di forte impulso di cambiamento. Il Concilio Vaticano II ci ha indicato la strada, chiedendoci di andare avanti. Ma noi nel post-Concilio ci siamo bloccati, pensando che non ci fosse nulla di meglio. E abbiamo iniziato a guardare alla storia in modo frustrante, perdendo le prospettive. I giovani hanno tanto da dire, ma noi vorremmo dare loro risposte senza ascoltare le loro domande”. Don Capra torna poi su una delle priorità dei giovani emersa dalla ricerca dell’Istituto Toniolo. “C’è bisogno di emozionarci, ma noi abbiamo smesso di farlo”. E sulla liturgia, il direttore dell’Ufficio liturgico diocesano sostiene che “se vogliamo cambiarla, bisogna farlo senza la paura di deludere qualcuno”, ribadendo l’invito a “tornare a innamorarci della liturgia” che è “fonte e culmine della nostra vita cristiana”. “Abbiamo ascoltato i grandi del passato con visione profetica – aggiunge – ma adesso è il tempo di camminare con le nostre gambe”.

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Nella foto, il pubblico presente in Santa Franca.

I giovani cercano il trascendente, cosa offre la comunità cristiana?

“Che i giovani abbiano lasciato il recinto della Chiesa è evidente – afferma don Paolo Cignatta –, e adesso guardano alla Chiesa con atteggiamento critico perché spesso non capiscono le nostre parole. Spesso anche noi (adulti, che viviamo la Chiesa, nda) facciamo fatica a comprendere. Non si sentono neanche parte di comunità che non sono più comunità – tuona – perché oggi percepiamo la società come un mercato, e su questo basiamo la maggior parte delle nostre azioni quotidiane”. Nonostante il quadro tracciato non sia roseo, don Cignatta trae dalla ricerca presentata da Bignardi tre aspetti positivi: “I giovani (fuoriusciti dalla Chiesa, nda) non hanno smesso di essere credenti, piuttosto sono diversamente credenti; sono eticamente orientati; sono spiritualmente sensibili. Questa ricerca ci dice che i giovani sono capaci di trascendente e con il cuore cercano questa dimensione”, riflette il sacerdote, che poi conclude con un interrogativo aperto: “Ma cosa stiamo offrendo noi, comunità cristiana, nella loro ricerca di Dio e, in generale, di spiritualità?”

Sostare nell’incertezza

Lo psicoterapeuta Daniele Bisagni analizza i motivi per cui i giovani oggi decidono di intraprendere un percorso di terapia. “A volte sono in una situazione di fatica, si trovano nella negatività e vogliono delle risposte – dice – ma le risposte non ci sono, in quei momenti è fondamentale sostare nell’imprevedibilità per rifletterci e superarla. E noi (psicologi e psicoterapeuti, nda) dobbiamo aiutare la persona che abbiamo di fronte a vivere quel momento, perché vivere la negatività può essere un percorso di esplorazione. Ascoltarsi e ascoltare, cercando di cambiare sempre il nostro punto di vista”.

Francesco Petronzio


Nella foto in alto,  da sinistra don Paolo Cignatta, Matteo Bronzini (AC), don Paolo Capra. Sulla sinistra Daniele Bisagni.

Pubblicato il 14 febbraio 2024

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