Menu
logo new2015 ok logo appStore logo googleStore

«Creare immagini originali che vadano oltre la storia». Bellocchio e Gotor a XNL

 bellocchio

“Esterno notte” ha restituito un Aldo Moro spaventosamente vero. Un monumentale Fabrizio Gifuni, guidato dalla magnificenza di Marco Bellocchio alla regia, ha fatto sembrare la finzione della miniserie televisiva, trasmessa da Rai Uno il 14, 15 e 17 novembre, quasi come una rappresentazione “letterale” della realtà storica. Ma ciò non è possibile: i film sono opere d’arte, con altri strumenti, altri tempi, altre esigenze rispetto alla storiografia. Sul rapporto tra verità storica e cinema si sono concentrati gli interventi di Marco Bellocchio e Miguel Gotor nell’incontro di domenica 18 dicembre, organizzato da Bottega Xnl. Miguel Gotor, esperto di storia dell’età contemporanea, si è dedicato a lungo agli scritti che Moro produsse durante il sequestro. Consulente storico della miniserie, ha partecipato alle riprese di “Esterno notte” con un cameo, nel ruolo del giudice del processo alle Brigate Rosse.

I film basati su fatti storici non sono “fotografie”

Dopo gli onori di casa del presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano Roberto Reggi e l’introduzione di Paola Pedrazzini, direttrice artistica della sezione dedicata al cinema e al teatro del Centro per le arti contemporanee Xnl, è toccato al critico cinematografico Anton Giulio Mancino condurre la serata. “La rappresentazione artistica va considerata in autonomia rispetto alla realtà storicamente attestata - ha detto Mancino - in un anniversario del delitto Moro al Maxxi (museo delle arti del XXI secolo di Roma, ndr) dissi una cosa che ribadisco, che «Esterno notte» o «Buongiorno, notte» (film di Bellocchio del 2003) non raccontano il caso Moro, sono il caso Moro. Studiare il caso Moro significa studiare questi film, stando attenti a non leggerli come se fossero delle fotografie. Bisogna capire che si sta guardando un’opera d’arte”.

L’opera d’arte è un’opera di finzione

“I passaggi sono sempre uguali - ha spiegato Bellocchio -prima si fa l’inchiesta, leggendo libri, vedendo i film e conoscendo i testimoni. Poi, quando si sono accumulate informazioni sufficienti, si decifra un percorso che deve essere implacabilmente quello di fare immagini originali, oltre la storia, altrimenti non ha nessun senso”. Bellocchio ha poi parlato del film sul caso Enzo Tortora, annunciato il 10 dicembre agli Efa di Reykjavik, dove ha ricevuto il premio come “regista più innovativo”. “Non è mia intenzione affermare che Tortora ha subito delle ingiustizie - precisa - ma occuparmi della complessità di tutto ciò che aveva attorno”. Sulla questione è intervenuto anche Gotor: “Se uno studioso di storia accetta di collaborare a un’opera artistica - ha ribadito - deve essere convinto che è un’opera di finzione, una mescolanza di elementi autentici e d’invenzione. Lo scopo è approfondire la verità storica attraverso lo sguardo artistico della finzione”.

Dalla “monaca di Monza” al caso Moro

“Quando Bellocchio ha iniziato a ripensare a Moro, dopo «Buongiorno, notte», siamo tornati in contatto. Ci conoscemmo quando il regista stava lavorando a un progetto sulla monaca di Monza, poi tramontato. Poco prima dello scoppio della pandemia mi disse che stava pensando a una serie su Moro. Da pochi mesi avevo pubblicato il libro «Io ci sarò ancora. Il delitto Moro e la crisi della Repubblica», in cui avevo raccolto una serie di articoli, saggi brevi che avevo pubblicato negli anni. Le restrizioni da Covid, arrivate nel pieno della lavorazione, causarono un rallentamento obbligato che però consentì un maggiore approfondimento, con riletture e riflessioni ulteriori: il risultato è stato un lavoro accurato”.

Nelle borse di Moro fu trovata una sceneggiatura

Quando il 9 maggio 1978 in via Fani fu trovato il corpo di Aldo Moro, in una delle sue borse c’era una sceneggiatura. “Da quel fatto storico - ha rivelato Bellocchio - noi abbiamo inventato. Ci sono invenzioni che restano fortemente connesse alla realtà storica”. Quando si ha a che fare con una verità sono diversi gli approcci da utilizzare per raccontarla, di natura storica, estetica, religiosa. “La realtà - ha spiegato Gotor -è come il sole che sprizza raggi di luci diverse”. Discorso diverso è quello che riguarda gli errori storici. “In diversi luoghi e momenti Adriana Faranda (militante delle Brigate Rosse, ndr) ha dichiarato di frequentare la chiesa di Santa Chiara, la stessa in cui Moro si fermava al mattino per pregare. In sedi giudiziarie più volte è stato affermato che quella era l’occasione per i brigatisti di vedere Moro da vicino. Nel film quella coincidenza è stata resa con una scena, mai accaduta, in cui Aldo Moro e Adriana Faranda, durante la messa, si stringono la mano in segno di pace. Questa è la finzione scenica voluta dalla regia. L’errore storico, di cui mi sono accorto troppo tardi, è che nel 1978 la liturgia non prevedeva quel segno di pace”.

“Scandagliare il guazzabuglio del cuore umano”

La dicotomia fra verità e rappresentazione cinematografica, letteraria o teatrale è una prassi sempre esistita. “La verità storica ha il suo fascino, che da diversi anni è in crisi - ha sottolineato Gotor - Michel Foucault, in un libretto, spiega come la nostra cultura occidentale sia attraversata da una voglia di verità e allo stesso tempo dalla produzione incessante di discorsi che non riescono a emanciparsi dalla grande questione della verità. La verità storica non è mai la soluzione a un problema, ma pone sempre nuove domande che cambiano nel corso del tempo, perché anche chi le pone cambia. Tra cento anni le domande che noi poniamo all’operazione Moro saranno diverse. La guerra di Troia raccontata da Erodoto è diversa da quella dell’Iliade di Omero. Alessandro Manzoni rivendicava il diritto da parte dell’arte, partendo da un episodio storico, di concentrarsi sulla catastrofe dei personaggi e scandagliare quel guazzabuglio che è il cuore umano”.

“Storia e arte hanno un potere purificatore”

“La vicenda Moro - ha proseguito Gotor - è un trauma civile che ha segnato una generazione. Il trauma genera ferite che si cicatrizzano oppure no: la storia e l’arte hanno una funzione civile che è il potere catartico di pacificare un tormento. Durante il sequestro Moro tutti gli intellettuali dell’epoca hanno scritto ed espresso opinioni, tranne uno: Calvino. Solo alcuni giorni dopo il ritrovamento del cadavere, Calvino disse che il problema era che non saremmo mai riusciti a ricostruire i dialoghi fra il carcerato e carcerieri. «Sono perduti per sempre perché il testimone integrale è morto e i carnefici mentono sempre», disse. Io ho dedicato gran parte della mia vita a ricostruire quei dialoghi con ricerche storiche per ridare verità a una storia violentata”.

Francesco Petronzio

gente

Nelle foto: in alto, da sinistra Miguel Gotor, il critico cinematografico Anton Giulio Mancino e Marco Bellocchio; sopra, il pubblico presente.

Pubblicato il 19 dicembre 2022

Ascolta l'audio

"Il Nuovo Giornale" percepisce i contributi pubblici all’editoria.
"Il Nuovo Giornale", tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Amministrazione trasparente