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«Piergiorgio tra i suoi amici nella sua città»: ricordo dell'ultimo intellettuale del Novecento

bellocchio

“Questo non è un diario, né il mio Zibaldone (si licet...) – è un magazzino, un deposito, dove si raccoglie, si accatasta di tutto, senza ordine alcuno, senza criterio: appunti, spunti, materiali abbozzati, semilavorati (utilizzabili per sé stessi, o potenzialmente, ma non più forse d'un 10%)... e ahimè un sacco di minutaglia, trash...”. “La più parte del lavoro consiste non già nello scrivere, ma nel ritagliare, incollare, sottolineare, e inventariare- sistemare con indici cose che non serviranno mai né a me ne a nessuno. Forse qualcuno, dopo la mia morte, ci si divertirà...Ma chi?”. (pag.582)
Scrive così Piergiorgio Bellocchio nel suo “Diario del Novecento” (Il Saggiatore), ultimo libro dello scrittore piacentino uscito postumo a cura del presidente di Cittàcomune Gianni D’Amo, e di cui l'autore è riuscito a vedere le bozze impaginate prima della sua improvvisa scomparsa tra il 17 e il 18 aprile scorsi.
Righe acutamente rivelatrici della costituzionale eterogeneità dell'opera, nei toni, negli stili, nei materiali, a leggerle è Carlo Cecchi, amico di Bellocchio e attore da lui particolarmente amato, che domenica 4 dicembre al teatro Filodrammatici di Piacenza ha partecipato all'iniziativa: “Piergiorgio tra i suoi amici nella sua città” , per ridare voce e anima al caro scrittore.
Insieme a Cecchi, famigliari dell'autore, tra cui la moglie Marisa e la figlia Maria Letizia, amici ed estimatori si sono riuniti per ricordarlo dopo otto mesi dalla sua morte avvenuta il 18 aprile 2022; in un teatro che tante volte è stato per Bellocchio luogo di condivisione pubblica delle sue passioni e della sua cultura attraverso partecipati cicli di conferenze da lui tenuti.
Dopo i ringraziamenti della figlia Maria Letizia a tutti i partecipanti e gli organizzatori dell'iniziativa e la lettura dell'affettuoso messaggio del regista Marco Bellocchio, fratello di Piergiorgio, impossibilitato ad essere presente, hanno contribuito a tracciare il profilo dello scrittore scomparso la docente di Letteratura italiana dell'università Bicocca Angela Borghesi, il critico letterario Alfonso Berardinelli, e Gianni D'amo. Ne è uscito un ritratto umanissimo, doveroso tributo ad un intellettuale lucido e lungimirante, da sempre schivo al successo, intransigente se necessario, ma mai malevolo, capace anzi di farsi comprendere da tutti per la sua limpida autenticità.

In lui una grande umanità

“Decenza, dignità, discrezione sono parole che compaiono ripetutamente nel libro di Bellocchio, spia della sua profonda umanità” - ha detto Angela Borghesi mentre sullo sfondo scorrevano le proiezioni delle immagini a corredo del «Diario» e quelle dei diari inediti confezionati da Piergiorgio per la nipotina Alice.
“Importanti termini ricorrenti - spiega la docente - che si rivelano un tentativo di risposta dell'autore alla domanda fondamentale che egli pone fin dall'inizio del libro: che fare? Come vivere? Una tensione etica costante che si traduce nell'affetto dello scrittore verso gli altri, verso i più umili, capaci di tradurre la teoria in pratica (tanto che con Angelo, il figlio del calzolaio ricordato nel «Diario», passa intere giornate)”.
“La sua benevolenza non risparmia neppure chi sente molto diverso da lui: dell'intellettuale Franco Fortini denuncia la mancanza di empatia, senza però nascondere il suo affetto e la sua stima. Eppure bisogna capovolgere le meravigliose pagine dedicate all'immagine di Fortini per ottenere un fedele ritratto di Bellocchio”.
“Sopratutto nel  «Diario»,  nella sua straordinaria commistione di alto e basso capace di virare sottilmente dal tragico al comico - ha concluso l'esperta - ci siamo noi italiani e il nostro Paese: con i suoi eventi, i suoi dettagli, le sue contraddizioni”.

“Diarismo allo stato puro”

Sulla forma del “Diario” , apparentemente negata dalle considerazioni dell'autore, ma dichiarata nel titolo dell'opera, è poi intervenuto Alfonso Berardinelli, compagno d'arte e di pensiero dello scrittore che con Piergiorgio aveva composto a quattro mani la rivista “Diario” tra il 1985 e il 1993.
“Per Piergiorgio esprimersi in forma diaristica era naturale - ha detto il critico -, come forma che precede tutte le altre e da cui ogni genere letterario può nascere”.
“Da quando negli anni '80 nacque «Diario» - ha ricordato - , una strana rivista per individui singoli che divenne risposta all'allontanamento da una politica ventennale di protagonismo delle masse e delle ideologie, Piergiorgio non smise mai di annotare i suoi diari privati e di lavoro: negli anni arrivò a raccoglierne duecento tra agende e quaderni, illustrati e arricchiti con ritagli di giornale e pubblicità. Da quell'enorme e intrica massa, Gianni D'amo, amico, interlocutore e allievo, ha ricavato miracolosamente questo «Diario del Novecento».
“Diarismo allo stato puro - continua - , pagine di quel reale anti – libro privato di Piergiorgio (dagli anni'80 al 2000) che ora è l'opera involontaria che meglio conclude la nostra letteratura del Novecento. Siamo infatti difronte al rovescio rivelatore della verità di una letteratura italiana in declino e in mutazione, in cui il romanzo ha preso la rincorsa verso la sua trasformazione in merce editoriale di stagionale consumo: un processo che continua ancora oggi”.

L'intervento di Gianni D'Amo

A concludere è stato poi Gianni D'Amo, curatore dell'opera, mentre tra un intervento e l'altro le intense letture del 'Diario' di Carlo Cecchi hanno saputo ridare corpo alle passioni, all'arguzia e all'umorismo dell'autore, portando in scena la sua profondità di pensiero e di sguardo.
Dopo aver ricordato qualche gustosa riflessione dello scrittore sul dialetto piacentino, il presidente di Cittàcomune ha sottolineato” una certa continuità tra il Bellocchio autore pubblico e quello della quotidianità, tra il fondatore di 'Quaderni piacentini' e l'inventore di «Diario». ”Una continuità - ha detto - culminata nella Fondazione di Cittàcomune, di cui Piergiorgio è stato il primo presidente.”
“Vedo l'apporto indispensabile di Bellocchio nei personaggi effigiati su ciascuna tessera annuale dell'associazione. Autori e autrici di grande valore scelti e approfonditi ogni anno da me e da lui insieme, il loro ritratto è accompagnato da quello che Bellocchio aveva scherzosamente chiamato saggio breve da tessera: specialità impossibile senza la sua presenza e le sue vastissime conoscenze”.
“In quegli uomini e in quelle donne, testimoni diretti di verità che incorniciano le pareti di Cittàcomune - racconta commosso D'Amo -, ritrovo lo spirito e l'esempio di chi mi è stato 
ompagno, maestro, fratello maggiore, amico  e capisco che non se se ne è mai andato”.
Piergiorgio
Bellocchio è infatti ancora qui: tra scorci illuminanti di poche righe e rivolgimenti epocali vissuti e descritti in prima, la sua continua tensione al bene consapevole dei propri limiti ci aiuta a vivere.

Micaela Ghisoni

Nella foto, l'incontro dedicato a Piergiorgio Bellocchio.

Pubblicato il 7 dicembre 2022

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