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Punto Incontro: l'attualità di don Milani nella testimonianza di tre insegnanti

Don Milani 2 

“Quale eredità ci lascia l'esperienza educativa di don Milani a cent'anni dalla nascita del sacerdote? Perché la scuola di Barbiana continua ad essere capace di offrire stimoli per rispondere ai molteplici problemi educativi di oggi?”
Queste le domande da cui lo scorso 13 febbraio ha preso il via a Punto Incontro Don Eliso Segalini la riflessione sull'attualità di don Milani e del suo modo di fare scuola. Si tratta del secondo appuntamento del 2024 che si è tenuto nella Sala delle Colonne del Palazzo vescovile.
“Incrociare l'analisi delle complesse problematiche educative odierne con la ricorrenza del centenario del priore di Barbiana ci è sembrata un'opportunità da non lasciar perdere – ha detto il professor Rino Curtoni, ex dirigente scolastico e membro di Punto Incontro, introducendo l'incontro - . Ma lo abbiamo fatto «dal basso»: attraverso l'esperienza di insegnanti e ragazzi che hanno avuto occasione di percorrere la strada di Barbiana fisicamente e nel metodo didattico.
“Quando ho conosciuto gli insegnamenti di don Milani mi sono totalmente identificata con il suo modo di pensare la scuola e di fare scuola – ha detto Silvia Dallavalle, la prima professoressa a intervenire con il compito di inquadrare e moderare il confronto fra colleghe. Docente alla Calvino (plesso scolastico che ha inglobato la scuola media piacentina Don Milani) insieme alle altre insegnanti presenti, Dallavalle ha subito indicato gli argomenti che le colleghe avrebbero affrontato negli interventi successivi, e ha poi tracciato una prospettiva d'insieme del pensiero e dell'attualità del sacerdote toscano.

La Costituzione era il Vangelo per don Milani

«Don Milani e la Costituzione», «Don Milani e la la lingua», «Don Milani e la scuola attiva», sono i tre punti cardine su cui si focalizzeranno rispettivamente le colleghe Sabrina Tagliaferri, Ilaria Sordi e Roberta Molinari. – spiega Dallavalle -.
La Costituzione era il Vangelo laico del prete di Barbiana. Tanti gli articoli costituzionali da studiare e applicare alla vita secondo il sacerdote: dall'articolo 2 sui «diritti inviolabili dell'uomo e gli inderogabili doveri di solidarietà politica, economica e sociale» (si pensi al motto «I care», mi importa, che campeggia all'ingresso della scuola di Barbiana; passando per il primo comma dell'Articolo 3, secondo cui «Tutti i cittadini sono uguali senza distinzioni di (…) lingua (…)»; fino all'articolo 34, fondamentale per una scuola democratica, collettiva e inclusiva che recita: «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». Ma l'articolo 11 è forse il più potentemente attuale: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli».
“Rispetto invece al secondo tema” – continua l'insegnante moderatrice – per uso della lingua si intende non soltanto l'importanza di avere dimestichezza con la lingua italiana e di studiare altre lingue, ma anche la preziosità della parola. Saper utilizzare la parola e tutto il suo potere significa infatti per Don Milani rendere i ragazzi più consapevoli di quello che sono e vogliono diventare. Dare loro la possibilità di esprimersi e di condividere un codice comune è allora il primo obiettivo del maestro”.
Scuola, giustizia, Vangelo e Costituzione sono quindi i quattro termini fondamentali per creare un cittadino attivo e responsabile – ha sottolineato la docente parlando di scuola attiva, l'ultimo argomento in campo. Cosa si faceva a Barbiana ce l'ho dice il pedagogista Fulvio Poletti: si studiavano la lingua italiana e le lingue straniere come principale strumento di emancipazione sociale e la scuola durava 12 ore al giorno per 365 giorni l'anno. La ricerca, il laboratorio, la scoperta erano protagonisti attraverso il metodo maieutico, che mirava a far emergere tutte le potenzialità intrinseche di ogni singolo alunno. Proprio Poletti si sofferma infatti sulla profonda attualità di don Milani, sottolineando soprattutto la sua “attenzione alla dimensione etica, sociale e politica dell’intervento educativo”.
“Devo tutto quello che so ai giovani operai e contadini cui ho fatto scuola – conclude Dallavalle citando il sacerdote dalle «Esperienze pastorali del 1958 -. Io ho insegnato loro soltanto a esprimersi mentre loro mi hanno insegnato a vivere». Credo che dai nostri alunni dovremmo imparare questo”.
Poi la parola alle colleghe, seguaci di don Milani sul campo nella concreta quotidianità del proprio mestiere.

Vivere i luoghi di don Milani

“Vivere i luoghi, dare tempo, prendersi cura”, secondo l'esperienza di Sabrina Tagliaferri sono diversi i modi in cui la Costituzione si può leggere e vivere nelle classi. Insieme a professori e studenti lei a Barbiana c'è stata davvero, per l'avvio di una ricerca storica sull'origine della scuola Calvino. Era il 2017, a quarant'anni dalla morte di Don Milani. Docenti e ragazzi hanno percorso per due volte il “Sentiero della Costituzione”, la strada in salita dell'Appenino toscano che porta a Barbiana e che il sacerdote aveva percorso a piedi per la prima volta nel 1954.
“Quel tragitto - spiega Tagliaferri - è diventato  Sentiero della Costituzione  nel 2011 per volontà della fondazione don Lorenzo Milani: una sorta di via crucis, dove le stazioni sono 45 pannelli che rappresentano alcuni degli articoli della Costituzione. Fare l'esperienza di un luogo in cui si legge la Costituzione e intanto la si vive è sicuramente un modo efficace per approcciarsi al valore di quello che il prete di Barbiana considerava un Vangelo laico”.
“Ma vivere i luoghi – continua l'insegnante – vuol dire anche e soprattutto vivere le aule con i loro laboratori, la biblioteca scolastica e gli spazi esterni all'edificio. Vuol dire conoscere e abitare i luoghi del quartiere, anche quando, ed è il caso dell'incrocio tra via Boscarelli e via Vaiarini con la sua panchina rossa, sono stati teatro di brutali femminicidi su cui riflettere”.
“Dare tempo – spiega – significa poi dare spazio ad un tempo scolastico prolungato pomeridiano, in cui cambiano gli ambienti di apprendimento e i rapporti con il gruppo classe. Vuol dire organizzare attività extracurricolari di laboratorio, ma anche proporre ai ragazzi progetti formativi nei periodi in cui la scuola chiude le porte per creare opportunità per chi non può andare in vacanza. Un modo per dare corpo a uguaglianza e libertà di pensiero, due principi costituzionali fondamentali: che trova nel Parlamento scolastico degli studenti, uno degli esempi più significativi”.
“La dimensione del prendersi cura, l'«I care» di Barbiana, diventa quindi centrale in questo orizzonte formativo attivo e allargato. A scuola si raccolgono i tappi di plastica, di sughero, si raccoglie l'olio. Piccoli gesti con cui ci si prende cura della società civile. A volte con risultati anche molto importanti. Se abbiamo a Piacenza un parco di Montecucco pubblico, è grazie all'impegno di alcuni insegnanti della scuola che in un laboratorio hanno pensato ad un progetto per salvare uno spazio verde e destinarlo a parco”.
Dopo Tagliaferri è stato il turno di Ilaria Sordi, che ha parlato di “pedagogia dello sguardo” come principio cardine e attualissimo della filosofia di don Milani alludendo alla capacità dell'insegnante di prendersi cura degli alunni e di scorgere in ognuno di loro una persona speciale a cui dare voce.

La pedagogia dello sguardo

Di fronte a classi sempre più multiculturali – spiega l'insegnante - , chi fa parte del mondo della scuola è chiamato anche oggi a tentare di colmare molte disuguaglianze: a rapportarsi con ragazzi immigrati sradicati dai propri luoghi d'origine e catapultati d'improvviso in contesti del tutto nuovi; a volte minori non accompagnati senza il sostegno dei famigliari. Gli ultimi forse sul piano sociale ed economico, eppure portatori di un ricchissimo patrimonio culturale ed interiore che non riescono ad esprimere. Da qui allora l'importanza di coltivare l'uso della parola, una parola capace di farsi persona e di dare sostanza al pensiero. E Sordi cita un lavoro fatto con alcuni ragazzi di seconda generazione sull'origine dei loro nomi, su ricette e tradizioni del proprio Paese d'origine, oppure sul racconto del percorso migratorio dei genitori, che non sapendo l'italiano sono stati prima intervistati dai figli nella loro lingua e poi tradotti. Le parole si fanno allora storie condivise e la scuola diventa un contesto allargato che abbraccia la vita”.
C'è senza dubbio un preoccupante analfabetismo di ritorno tra i giovani – ha sottolineato poi la docente –, basti pensare che su due milioni di parole italiane a disposizione la media d'uso è di duemila. La scrittura collettiva, molto praticata a Barbiana, è un metodo che può aiutare gli alunni ad arricchire il patrimonio lessicale, appassionandoli a lettura e scrittura. A partire da un testo modello i ragazzi sono chiamati a produrne uno dello stesso genere, con l'aiuto di compagni e insegnanti. Allievi e docenti in questo modo imparano insieme gli uni dagli altri: credo che uno dei lasciti fondamentali di Don Milani oggi sia proprio lo stimolo per noi adulti ad approcciarci al mondo in modo rinnovato”.
L'ultimo intervento su “La scuola attiva” a completamento dei precedenti è toccato a Roberta Molinari.

La scuola Don Milani segue le orme del sacerdote

Voglio cominciare con un numero – ha detto - : 471 sono le scuole dedicate a don Milani nel nostro Paese, a testimonianza di quanto la sua figura sia importante ancora oggi”.
Poi cita Italo Calvino, nato nello stesso anno del sacerdote di Barbiana e che non a caso ha dato il nome all'intero plesso scolastico nel momento della fusione tra la sede Angelo Genocchi e la Don Milani.
Come don Milani anche Calvino era un visionario – sottolinea -, convinto che nella civiltà delle immagini ci sia il rischio di perdere la capacità di pensare per immagini, di saper vede ad occhi chiusi. La nostra scuola ha invece saputo immaginare e innovarsi fin dalle sue origini, nel 1976, seguendo le orme di don Milani. Dal primo collegio docenti si è preoccupata di prendersi cura dei più deboli, dei più poveri e di favorire la loro emancipazione. Ha sperimentato presto la dilatazione del tempo t scuola per dare spazio agli studenti in difficoltà. Una pratica proseguita fino alla nascita del tempo prolungato e dei primi laboratori”.
La Don Milani ha inaugurato il laboratorio di informatica quando ancora si parlava poco di questa disciplina – ha ricordato la professoressa -. Mi viene da sorridere quando oggi sento parlare di scuola diffusa. I diversi laboratori, dall'informatico al musicale, passando per il laboratorio ambientale fino a quello storico, testimoniano che la Don Milani è sempre stata una scuola diffusa, incentrata sulla pedagogia del fare”.

Micaela Ghisoni

Nella foto, i relatori all'appuntamento dedicato a don Milani promosso da Punto Incontro.

Pubblicato il 22 febbraio 2024

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