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Nel vivo ricordo di Josemarìa Escrivà de Balanguer

dossena

Prezioso incontro piacentino, nei giorni scorsi, presso il locale gruppo dell’Opus Dei, con l'ultimo testimone vivente che ha personalmente conosciuto e frequentato in Italia il Fondatore dell'Opera Josemaría Escrivá de Balaguer (1902-1975): palermitano d'origine e milanese d'adozione, Geri Crocchiolo ha ricordato i tratti salienti del Maestro, la sua dimensione umana fatta di una viva cordialità e di un carattere assai incline a infondere fiducia e buona confidenza, la consistenza di una fede solida, sulla via della quale egli seppe ben capire che cosa il Signore da lui si aspettasse e che cosa avrebbe potuto fare per la Chiesa. Erano gli anni cinquanta quando Crocchiolo, come tanti giovani di quell'ambiente, si imbatterono in un uomo di Dio dalle idee chiare e dalla chiara disponibilità a un apostolato fervido e fattivo. Poi venne il periodo del Concilio Ecumenico Vaticano II, un'occasione pregnante per Escrivá e i suoi compagni di viaggio per declinare insieme leale fedeltà al Papa e alla Chiesa docente, generosa dedizione ai fervidi impulsi conciliari, ma anche giusta e giustificata prudenza rispetto a novità non sempre sotto controllo e a tendenze di progressismo fine a se stesso, se non addirittura già qua e là minate da ideologie di non chiara ortodossia: un atteggiamento intelligente, leale e concretamente prudente quello del Fondatore dell’Opus Dei, che caratterizzerà sempre la sua opera, la sua Opera, i suoi seguaci e continuatori.
  “Ho conosciuto il Padre (cioè Escrivá) soprattutto dopo la sua morte (avvenuta nel 1975)”: assai significativa questa considerazione da parte di Geri Crocchiolo, il quale conobbe il Maestro nel 1954, imparando a conoscerne in primis il lato umano, affettivo, il suo carattere bello, aperto, allegro (“con lui si stava bene!”), per cogliere appunto dopo la morte di lui, nel superamento della pur piacevole dimensione umana e forte capacità comunicativa, la piena ricchezza della sua dimensione interiore e spirituale, la sua capacità di sentimenti forti, la sua santità: “Il Padre incarnava un alter Christus”. Certo, nella sua dimensione umana, c’era non poca cultura teologica, c’era una capacità straordinaria di leggere e interpretare la Scrittura con profondità, una dimensione che gli veniva non tanto dall’erudizione quanto dal suo rapporto con Dio. Amava la teologia, la patristica, la storia e la filosofia (“essere tomisti come Tommaso d’Aquino è stato aristotelico”).
  Vita sostanzialmente ritirata quella di Josemaría Escrivá de Balaguer, con frequentazioni semplici e mirate, con poche uscite dal suo contesto di apostolato e pochi viaggi (Crocchiolo ha ricordato, in particolare, il Messico).
  Fra le questioni che sono state richiamate nell’incontro piacentino, i rapporti di Josemaría Escrivá con la Compagnia di Gesù, in riferimento soprattutto a qualche problema di comprensione con taluni esponenti di essa, ma sempre in atteggiamento di rispettosa discrezione e sempre in riflessioni affidate alla riservatezza di scritti assai privati. La scelta di fondo di Escrivá è la valorizzazione dei laici, all’interno di una visione di fondo in virtù della quale tutte le categorie sono al servizio della Chiesa per la santificazione del mondo: ed egli per sè scelse la via sacerdotale per meglio capire che cosa Dio si aspettasse da lui.


Maurizio Dossena

Nella foto, l'incontro piacentino di Crocchiolo.

Pubblicato il 25 aprile 2023

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