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«Esterno notte». Bellocchio a XNL: il fatto storico si lega all’immaginazione scenica

bellocchio


 
Un ospite illustre ha chiuso, nella mattina di venerdì 21 aprile, il festival “L’Ora di Cinema”, promosso da Bottega Xnl, Fondazione Fare Cinema e Fondazione di Piacenza e Vigevano, con la direzione artistica di Paola Pedrazzini. A parlare agli studenti, nel salone di Palazzo Xnl, è stato Marco Bellocchio, che ha dialogato con la critica cinematografica Paola Piacenza dopo la proiezione dei primi due episodi della serie “Esterno notte”.

Il caso Moro indagato da tutte le prospettive
“Pensavo, con ‘Buongiorno, notte” (film del 2003, nda), di aver esaurito la trattazione del delitto Moro – ha confessato Bellocchio – ma poi il dibattito si è riaperto, sono emersi nuovi lati della vicenda, la televisione è tornata a parlarne. Tutte queste manifestazioni hanno riacceso in me un interesse imprevisto, e così mi sono concentrato sul ‘controcampo’, ossia tutti i protagonisti di quella vicenda che non avevo minimamente raccontato nel film precedente”.

Verità storica e finzione scenica
Anche i film basati su episodi storici accertati hanno bisogno di elementi di fantasia, a maggior ragione se si tratta di film d’autore, opere d’arte a tutti gli effetti. In “Esterno notte”, come ha rilevato una spettatrice, è molto presente la tecnica dell’ucronia: una presentazione di fatti ed eventi che è, sì, coerente, ma non sempre reale e non sempre realistica. “La liberazione di Moro, che si vede nel film, non è mai avvenuta – ha ricordato Paola Piacenza – ma immediatamente dopo avviene la rappresentazione realistica di ciò che davvero successe. Come si miscelano gli elementi storici con l’estro del regista-artista? “È un’operazione – ha rilevato Bellocchio – che parte da una verosimiglianza, da fatti storici, nei quali si inserisce poi l’immaginazione mia e degli altri sceneggiatori. Da questo mix nasce il carattere della rappresentazione”. Un esempio diverso è quello che si verifica nella scena della confessione, in cui parole reali vengono inserite in una situazione inventata. “Don Antonello Mennini – ha detto Bellocchio – nega di essersi recato nel nascondiglio delle Brigate Rosse per confessare Moro ma, nonostante ciò, non è dato sapere se un altro prete è andato”. Le parole pronunciate da Moro in quel dialogo, però, sono accertate dal memoriale. Il rapporto fra Moro e i suoi “amici” di partito è più volte sottolineato all’interno della serie: la delusione verso la “linea della fermezza” decisa dai vertici governativi della Dc – in particolare Cossiga e Andreotti – è talmente forte che Moro prova quasi più simpatia per i suoi rapitori, arrivando addirittura a ringraziarli. Nella sua confessione, il cattolico Moro ammette che nella sua vita una sola persona ha suscitato il suo odio: Giulio Andreotti.



La “linea della fermezza”: chi voleva davvero la liberazione di Moro?
“Tutta la classe politica mise davanti la ragion di stato: non si poteva cedere di fronte a un gruppo di terroristi che aveva sterminato la scorta del presidente”, ricorda Bellocchio. “La famiglia, invece, che voleva liberarlo a tutti i costi, provò a convincere una serie di soggetti politici della Democrazia cristiana a venire a un compromesso, così come papa Paolo VI, con cui Aldo aveva un rapporto di amicizia”. Ma l’apertura di Moro a un governo che comprendesse il Partito comunista italiano (che alle elezioni del 1976 aveva avuto il miglior risultato della storia col 34,4% dei voti contro il 38,7% della Dc, nda) faceva tremare anche gli equilibri internazionali. “I grandi blocchi, sovietico e americano, volevano uno status quo – ha sottolineato Bellocchio – dunque, non la liberazione di Moro. Chiunque, in politica, era contrario a qualsiasi trattativa”.

Gli “amici” di Aldo Moro
Esterno notte indaga da vicino tutte le componenti di quella vicenda, in particolare il partito politico, la famiglia, la Chiesa e le Brigate Rosse. “I capi democristiani, dopo quell’episodio – prosegue il regista – avrebbero avuto carriere piene di successi. Francesco Cossiga (ministro dell’Interno all’epoca del delitto Moro, nda) sarebbe diventato presidente del Consiglio e poi della Repubblica: nonostante fosse stato formato e introdotto alla politica da Moro, si oppose alle trattative per liberarlo”. Emblematica la scena in cui Cossiga si lava le mani, “come Lady Macbeth o Ponzio Pilato”, ha commentato Paola Piacenza. “Era un infelice – ha precisato Bellocchio – ma il suo atteggiamento solitario gli permise comunque di arrivare a posizioni di vertice”. Su Andreotti, invece, Bellocchio pensa sia “più misterioso”: “Perde il controllo nella prima puntata, si chiude in bagno e si sente male”. È probabilmente un personaggio difficile da inquadrare. Ciò che è certo è che “tutti i partiti, dopo l’assassinio Moro, entrarono in una situazione irreversibile che sarebbe culminata con la caduta del muro di Berlino”.


Francesco Petronzio

Nella foto, Marco Bellocchio alla Bottega XNL.

Pubblicato il 22 aprile 2023

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