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«Senza più la domenica». E con la Pasqua, come la mettiamo?

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Mentre stavo pensando a cosa scrivere per questa pagina, proprio stamattina esce su “Tuttolibri” della Stampa la recensione, ad opera di Enzo Bianchi, di un libro che si prospetta molto interessante: “Senza più la domenica” di Luigi Berzano, prete e sociologo molto apprezzato e competente. L’analisi del libro porta all’osservazione che anche in Italia la gente non frequenta la messa domenicale, ma continua a dar valore e a frequentare in massa i cosiddetti riti di passaggio: battesimo, prima comunione, cresima, funerale (un po’ meno il matrimonio).
Credo che possiamo dire la stessa cosa di Fiorenzuola. E potrei aggiungere che anche la Pasqua, che della domenica è la madre, subisce la stessa sorte. Proprio a Natale, che tradizionalmente è più frequentato che la Pasqua (“Natale coi tuoi, Pasqua con chi vuoi”), dopo la messa di mezzanotte più di una persona mi ha fatto notare che quest’anno non c’è più stato il sovraffollamento tradizionale, che mancavano soprattutto quei giovani che si vedevano almeno per Natale. Una volta si diceva: i “pasqualini”.
Può sembrare strano che il parroco, scrivendo per presentare la Pasqua, parta da qui e non da un annuncio di Cristo Risorto che tenti di convincere vicini e lontani. No. Non mi sottraggo al mio dovere, ma lo voglio fare tenendo conto di questa realtà.
Anzitutto vorrei far notare che la mia comunità a Fiorenzuola non è solo quella dei praticanti e degli assidui. Confesso che di tutte le persone che avvicino non mi domando, e non domando a loro, se vengono in chiesa o no. Credo che ognuno di noi abbia un valore e meriti attenzione, rispetto, saluto… per il fatto stesso che esiste. Quando poi qualcuno viene a chiedere un sacramento, sia esso battesimo o funerale o una messa o altro, riesco ancora ad apprezzare e valorizzare la richiesta e cerco di dire qualcosa di vero e di interessante sulla fede. Per i sacramenti dei bambini (prima comunione e cresima) chiediamo coerenza, ma non possiamo dire ai genitori “dovete venire a messa” o esigere la fede. Però una cosa mi permetto sempre di dirla: “Fate come fate con il calcio, quando vi vedo sugli spalti che discutete animatamente tra di voi e vi sentite in dovere di accompagnarli. Se la prima comunione e la cresima sono cose serie, dimostrate interesse a quello che fanno e chiedete che la facciano con coerenza, senza barare, senza fingere. E la messa, rispetto al catechismo, fate in modo che sia come la partita in rapporto agli allenamenti: il solo allenamento non li farà mai diventare calciatori”.
Anche la comunità cristiana, quella dei frequentanti, è coinvolta nel problema di coloro che non vengono a messa ma domandano altre cose alla comunità cristiana. È importante la nostra testimonianza e la coerenza della vita. È importante anche che la messa della domenica, e la Pasqua, siano celebrate bene e siano vissute con convinzione e coerenza, che siano momenti seri ma anche di gioia. E i momenti in cui la gente chiede quei riti di passaggio, la comunità cristiana deve cercare di essere presente, di far sentire l’accoglienza gioiosa, di far celebrare bene quel momento, anche se non sarà seguito da altri. A questo proposito mi sembra proprio molto bello quel piccolo coro che è sempre presente a tutti (e vuol dire proprio tutti) i funerali. Non dobbiamo mai rassegnarci, comunque, ad una realtà che non va nella direzione delle nostre aspettative.
Allora termino con l’appello a chi deciderà di esserci a Pasqua: alla fine di una Quaresima che è stata vissuta all’insegna della LIBERAZIONE, viviamo intensamente la Pasqua come esperienza di libertà. Non veniamoci costretti da un dovere, ma gioiosamente convinti. E magari portiamoci nel cuore qualcuno che non verrà a celebrare con noi, invece di giudicarlo perché non viene.

Don Giuseppe Illica

Come stiamo a tavola?

Cioè: cosa dovrebbe cambiare nella messa? – secondo i genitori dei bambini della Prima Comunione
Lo stesso libro di cui sopra mi aiuta anche a riferire di un incontro che per me è stato bellissimo e che mi pare sia stato apprezzato anche dai protagonisti.
Con i genitori dei bambini della Prima Comunione, durante l’ultimo dei ritiri che facciamo ogni anno e dove con i genitori lavoriamo sul tema che contemporaneamente i bambini fanno con le catechiste, ci siamo interrogati su come mangiamo in famiglia e su come “mangiamo” in chiesa durante la messa. La mia intenzione era quella di dire che il modo di stare a tavola in casa ha a che fare anche con la messa. Se non c’è capacità di stare a tavola in modo corretto, per un tempo abbastanza prolungato, senza cellulari o televisioni che ci distraggano da noi stessi, è difficile che si impari a stare tre quarti d’ora a messa rispettando tempi e riti, concentrandoci, guardando e ascoltando.
La consapevolezza, però, che comunque la messa ha anche una sua fatica propria, mi ha fatto fare la domanda: “Che cosa dovrebbe cambiare nella messa?”.
Mi ha fatto piacere che un papà abbia detto, ad un certo punto della discussione, che è stata vivacissima e ricchissima: “Se don Giuseppe ci fa questa domanda, vuol dire che lui pensa che qualcosa si possa cambiare…”. Ed è proprio così. Se per i bambini (e anche per i grandi, diciamocelo con franchezza) è difficile stare a messa, non si può far finta di niente e puntare tutto solo sul dovere. La domanda, quindi, era sincera.
La domanda ha appassionato e si parlava liberamente, senza quelle solite reticenze di quando si parla di religione e si pensa che “non me ne intendo”.
Ho chiesto ai genitori di mandarmi le loro riflessioni scritte, per non perderne la ricchezza.
Riassumo le due posizioni che pian piano si sono fatte strada, dopo un primo giro di interventi dove si era scatenata anche un po’ di fantasia:
- La messa dovrebbe seguire le regole della comunicazione che funzionano oggi nella nostra cultura: vivacità, brevità, concretezza, aderenza alla vita, passione… Le letture sono spesso lunghe e incomprensibili. I bambini hanno bisogno di fare. La predica non sempre coinvolge. Non tutti i canti “prendono”… Questo, in un tempo libero in cui i bambini sono abituati a “divertirsi”.
- La messa è un incontro con il Signore che ha una sua oggettività e di cui non siamo padroni. Dobbiamo imparare il linguaggio rituale, così come impariamo altre lingue straniere. Fa parte delle cose serie della vita, per cui si può esigere anche impegno. Non si capirà e non si vivrà bene la messa se non si vive un rapporto vero con il Dio di Gesù.
In conclusione, ci siamo detti che due sono le parole da mettere al centro del nostro impegno nei confronti dei ragazzi: GIOIA e COINVOLGIMENTO.
Consapevoli, però, che il cammino è lungo e che non si può liquidare il problema in due battute. Fa parte del nostro non rassegnarci all’assenza dalla messa domenicale e alla riduzione della pratica cristiana ai riti di passaggio, come appunto notava il libro “Senza più la domenica”.

Don Giuseppe Illica

Pubblicato il 17 aprile 2023

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