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L’ultima lezione di Cives ha ospitato Francesco Vignarca, laureato in astrofisica e con un Master in discipline sociologiche, che da oltre quindici anni si occupa di Pace e Disarmo, dal 2004 e fino al settembre 2021 come coordinatore nazionale della Rete Italiana per il disarmo, per poi diventare il coordinatore delle campagne nella nuova Rete Italiana Pace e Disarmo. “Le risposte dei governi all’attuale crisi ucraina rischiano di portare ad una nuova e ulteriore militarizzazione. C’è chi cerca di illuderci che più ti armi più sei sicuro ma non è così. La guerra non è un antidoto alla guerra e per avere una de-escalation lunica strada è demilitarizzare. Per questo servirebbe ascoltare i pacifisti quando non c’è la guerra, perché è lì che si fa la pace”. Questo il racconto del dottor Vignarca.

La via della pace passa dal disarmo

“Mesi fa, quando avevo pensato a questo appuntamento, non avrei mai creduto che ci saremmo trovati nel mezzo di un conflitto armato in Europa, ma non dimentichiamo che le guerre infuriano in molte parti della terra. Opero da molti anni nel mondo della pace e della non violenza cercando di portare, attraverso un’analisi scientifica supportata da dati, nuove prospettive per la soluzione dei conflitti. La pace è molto di più dell’assenza di guerra, la pace è presenza di diritti per tutti, è possibilità di vivere una vita senza minacce e senza coercizioni. Il conflitto armato rappresenta la soluzione finale di queste diseguaglianze e distrugge il principale diritto delle persone, quello alla vita. È necessario fermare i conflitti per costruire la pace ma sopratutto prevenirli. Non ci sono soluzioni facili ma strade possibili, che permettano di preparare alla pace. Le guerre sono qualcosa di complesso, non si può banalizzare o schierarsi per idealismo, non si può categorizzare. Per preparare la pace devi disarmare, molti studi dimostrano quanto sia correlata la riduzione dei conflitti con la riduzione delle spese militari. In questo periodo siamo stati molto criticati per la nostra posizione in merito alla spedizione di armamenti in Ucraina, ma è dimostrato che il maggior flusso di armi nei conflitti li rende più cruenti”.

Se vuoi la pace prepara la pace

“Tutti gli studi sociali ed economici hanno dimostrato che i paesi con il miglior status socio economico sono quelli con minor numero di conflitti sia interni che esterni. Per questo pensiamo che se vuoi investire sulla pace non devi comprare armi. Un esempio per tutti la nostra vecchia Europa, teatro di guerre da sempre, che da settant’anni anche grazie a scelte economiche comuni ha evitato conflitti armati almeno in gran parte dei paesi”.

La pace non si può fare dove c’è la guerra

“In questi ultimi vent’anni il mondo si è armato, facendo aumentare i costi militari dal 2001 al 2020 del 90%, sfiorando il tetto dei 2000 miliardi di dollari. Ora anche Germania ed Italia incrementeranno ulteriormente i loro investimenti in armamenti: il nostro paese spenderà 38 miliardi di euro. La scusa del momento di emergenza ha reso la cosa estremamente facile ma a noi sembra assurdo, se consideriamo che le forze NATO investono 18 volte più della Russia ogni anno in spese militari e la somma dei paesi europei esclusa la Gran Bretagna spende 4 volte più della Russia stessa, che peraltro al termine di questo conflitto vedrà sicuramente ridotta la sua potenza militare. La guerra in Yemen e la crisi umanitaria che ne è derivata hanno determinato nel Paese una situazione drammatica, con oltre 200.000 vittime civili tra marzo 2015 e marzo 2021. Quasi otto anni di conflitto hanno costretto più di 4 milioni di persone, tra cui più di 2,4 milioni di bambini e bambine, a lasciare le loro case e si stima che il 65% della popolazione - 20 milioni di persone - abbia bisogno di assistenza umanitaria. Tutto questo non ci ha impedito di vendere armi a paesi come L’Arabia Saudita, che ha attaccato lo Yemen. Mi pare che l’atteggiamento che teniamo nei confronti dell’aggredito e dell’aggressore cambi a seconda dei contesti, come nel caso dell’Afganistan. Per noi non ci sono mai motivi per fornire armi, non ci sono mai motivi per chi sceglie la violenza”.

Le prima vittima della guerra è la verità 

“Le guerre conducono a devastazioni sociali, economiche ed ambientali, l’escalation violenta non porta a soluzioni, noi stiamo dalla parte delle vittime civili che sono sempre tra il 70 ed il 90% in tutte le guerre. Le cose non si risolvono con la violenza e la prevaricazione, la neutralità attiva sta dalla parte delle vittime e non degli Stati. Bisogna ritessere relazioni tenendosi ad equidistanza dai blocchi contrapposti ed utilizzare energie positive, come i caschi blu dell’ONU per riequilibrare le forse in campo. Ci sono possibili alternative ma bisogna investire in strumenti adeguati, come sulla difesa non violenta e sui corpi civili di pace. Nel 2013, durante la discussione della legge finanziaria, siamo riusciti a fare inserire un piccolo emendamento per nove milioni di euro per la sperimentazione di corpi civili di pace che grazie al servizio civile ci permetterebbe di fare questa esperienza. Dal 2014 l’Italia ha speso 190 miliardi di euro in spese militari ma non è stata in grado di spendere i 9 milioni per i corpi civili di pace per formare persone capaci d’inserirsi nei conflitti e di fare interposizione non violenta esterna ed interna al paese. Ci devono essere strutture e preparazione per entrare negli scontri prima che scoppino, altrimenti ci saranno solo vittime”.

Stefania Micheli

Pubblicato il 24 marzo 2022

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Nella foto, un momento di preghiera per la pace in Ucraina. (foto Siciliani-Gennari/Sir)

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