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Verso un nuovo umanesimo planetario: questo è stato il tema della serata Cives in collaborazione con il Laboratorio di Mondialità Consapevole. Relatore della lezione don Cristiano Mauri, laureato in ingegneria al politecnico di Milano, vicario parrocchiale della comunità pastorale Madonna del Rosario di Lecco, con incarico presso la Casa della carità di Lecco. Oggi più che mai l’incontro di diverse culture può far pensare ad una nuova prospettiva antropologica e sollecitare la consapevolezza di un destino comune, ponendoci di fronte ad un mondo i cui orizzonti sono rappresentati dai confini del pianeta stesso. Ciascuno di noi è chiamato ad assumersi le proprie responsabilità con coraggio, comprendendo il destino comune dell’umanità, dell’esperienza umana e della sua vocazione. Ecco le considerazioni di don Mauri.

Le Scritture non offrono risposte ma elementi per affrontare le nostre domande

“La lettura della Bibbia crea voragini, dubbi, sentieri di riflessione, non è sempre rassicurante, poiché ci chiede di assumerci responsabilità - dice don Mauri- Dio ci provoca in un dialogo continuo. Nella Genesi, Dio consegna il primo ordine all’uomo che è quello di nutrirsi e di godere del creato, di vivere pienamente dell’abbondanza donata, in modo profondo, completo e ricco. Il limite che pone Dio riguarda un solo albero ed è nel superare questo limite che l’uomo perde la sua vita, la sua umanità divina. L’essere umano conosce la sua fine quando non pone un limite al suo desiderio, che diventa bramosia incontrollata, una voracità suicida. La volontà di riempirsi di ogni cosa, di ogni spazio, impedisce all’uomo di gustare la vita stessa, nulla è più un dono ma solo un possesso. Il coraggio di porsi limiti, di acconsentire alle proprie mancanze e a quelle di altri, da pienezza alla vita. Dio non conosce le scelte dell’uomo, lo lascia decidere della propria vita, di cosa farà con il prossimo e con il creato, non lo pone in una situazione d’inferiorità per poi punirlo quando sbaglia, l’uomo decide come declinare la propria intelligenza e la propria forza rispetto agli altri uomini e alla natura”.

Dio ha fatto spazio all’uomo

“Con la creazione Dio ha fatto spazio all’uomo e alla sua volontà e così chiede all’uomo di fare spazio alle altre creature della terra, accettando i propri limiti e quelli degli altri, rispettando le frontiere di ciascuno, prosegue il sacerdote. Il compito dell’uomo è quello di passare il testimone alle future generazioni di quella vita che gli è stata donata ed è l’unico responsabile di come ciò avviene. L’azione creatrice di Dio si compie quando Dio smette di creare, l’azione creatrice dell’uomo si compie quando ha il coraggio di porsi dei limiti perché amare è limitare la propria individualità, chiunque mette al mondo un figlio conosce bene come si diventa fragili, come cambia la visione del mondo, perché amare significa sapere che l’esistenza dell’altro ha un valore assoluto, l’amore diventa un atto di debolezza e non di forza, perché decido di fare spazio all’altro, proprio come ha fatto Dio con l’uomo, di creare dei limiti e non di essere un custode geloso”.

L’uomo comunitario

“Lottare contro la povertà non costituisce solo una ridistribuzione di beni e risorse, ma rappresenta una solidarietà umana tra i popoli. Impoverire significa togliere spazio agli altri. L’essere umano è interdipendente in una dinamica di dare e avere e vive pienamente la sua esistenza nel confronto con l’altro senza manipolazioni e supremazia. La spinta verso il prossimo - conclude - è data dal bisogno che abbiamo dell’altro, non alla ricerca delle sue risorse ma per compensare le nostre debolezze, le comunità inclusive sono quelle che si fanno carico delle debolezze. La complessità del nostro mondo ci mostra come non ci sia nessuna dottrina che sia comprensiva di tutta la saggezza, per questo è necessario riconoscere la dignità di ogni singola voce”.

Stefania Micheli

Pubblicato il 15 marzo 2022

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