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“Rispondo di amarlo anche io quando mio marito mi avvisa di avermi parcheggiato la macchina. È ovvio che preferirei un mazzo di rose ma so che quello è il suo modo per dire che mi ama.” Con queste parole e con quel suo accento a metà tra il perugino e il romano, la giornalista e scrittrice Costanza Miriano giovedì 9 dicembre nel salone parrocchiale dei Santi Angeli Custodi ha mosso tutti al riso. Invitata a Borgotrebbia dal parroco don Pietro Cesena per parlare del ruolo del femminile e di come poter ristabilire l’alleanza, oggi in crisi, tra l’uomo e la donna.
È necessario imparare a tradurre il linguaggio dell’altro, soprattutto se parliamo dell’altro sesso. La vita di coppia è una continua traduzione: di risposte, atteggiamenti, mimiche facciali, silenzi, azioni, toni. “Un uomo esprime l’affetto con gesti di servizio e utilità. Spesso usa il linguaggio verbale solo per comunicare lo stretto necessario” dice Costanza. Noi donne, per esempio, dobbiamo metterci in testa di non poter fare il resoconto dettagliato della nostra giornata al marito appena tornato da lavoro e già sul divano. Gli ideali romantici sulla vita coniugale sono destinati a svanire al contatto con la realtà non perché questa sia sempre deludente rispetto a sogni e aspettative, ma per il semplice fatto che l’altro non è mai come vorremmo che fosse. L’altro non è sbagliato ma solo diverso, non ci appartiene, non possiamo controllarlo né manipolarlo. A tal proposito, la giornalista, riprendendo un’espressione di papa Giovanni Paolo II, parla di solitudine originaria. Non esiste una coppia perfetta poiché ciascuno di noi si porta dietro la ferita del peccato. Ci sarà sempre nel nostro cuore un punto che il nostro mortale compagno di cammino non riuscirà a raggiungere mai. Solo uno è in grado di riempirci l’innata voragine: Dio. “Il fatto è che, essendo liberi, sta unicamente a noi decidere di farci guardare, determinare e riempire da Lui oppure dagli uomini. Solo il Suo sguardo e consenso però mette ordine a tutte le cose” ricorda.

Io non sopporto – fa sapere la Miriano – tutto questo gran discutere oggi di uguaglianza e parità tra i sessi. Non riesco ad immaginare due esseri più diversi e distanti da un maschio e una femmina. La differenza, oltre ad essere una ricchezza, è palese e la mia famiglia ne è l’esempio. Mio marito ed io siamo il sole e la luna: io parlerei anche dormendo mentre lui, se mi risponde non a gesti ma a monosillabi devo già ritenerla una grande vittoria giornaliera. Ho due figli maschi e due gemelle e, pertanto, lascio immaginare a voi il gioco di opposti che prende quotidianamente forma in casa mia. Anni di battaglie civili hanno portato la parità e, secondo me, è ora invece il caso di chiedere la differenza. Io non voglio avere gli stessi identici diritti degli uomini; ne vorrei altri ben diversi, adatti alle esigenze di mogli e madri di famiglia.
Quando parlo di sottomissione nella vita di coppia – prosegue la scrittrice – non mi riferisco all’emancipazione o a tutte quelle cose che hanno a che fare con il femminismo. Per come la intendo io, la sottomissione è la scelta di noi donne di circoncidere i nostri istinti di controllo e formattazione dell’uomo e metterci al servizio della vocazione. Sottomettersi significa aiutare l’altro a fare il bene, a compiere il suo destino, sostenerlo e supportarlo affinché sia più se stesso. Significa cercare di essere più come Maria che come Eva, cioè più donna consegnata che istintiva.

Alla domanda su che cos’è il matrimonio Costanza Miriano risponde che si tratta di un cammino di conversione e sforzo reciproco che dura tutta la vita e in cui si va verso una carne sola. Per camminare insieme è necessario che moglie e marito siano alleati, ossia che si fidino l’uno dell’altro. Come potersi sennò dividere i compiti nell’educazione dei figli? Quanto al come (ri)trovare l’alleanza tra uomo e donna – conclude – uno è il modo: chiedere a Dio. Pregare senza stancarsi e senza pensare di stancare Lui. Affidargli tutte le croci e consegnarli il nostro cuore e la nostra storia. Capire che non capiamo e che sbagliamo mira. Conservare in noi la realtà che stiamo vivendo senza giudicare. Dio è un corteggiatore paziente e cortese che non si impone ma che vuole essere invocato. Ecco perché ci mette croci, limiti e difficoltà; sa che è attraverso questi che noi lo cercheremo. Mette sul cammino di ognuno di noi le cose che ci permettono di essere salvati.

Elena Iervoglini

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Pubblicato il 25 dicembre 2021

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