Nascerà anche a Piacenza un emporio sociale?
Un progetto del Comune in rete con Caritas diocesana, CRI e altre realtà sul modello di Modena.
A Borgotaro l’esperienza è partita due anni fa nei locali messi a disposizione dalla parrocchia
Nascerà anche in città un emporio sociale sul modello del modenese “Portobello”?
È una delle idee che il Comune di Piacenza ha in cantiere in rete con la Caritas diocesana, la Croce Rossa Italiana e altre realtà del territorio per venire incontro ai bisogni delle nuove povertà temporanee legate alla disoccupazione.
Il progetto andrebbe ad arricchire il fronte delle risposte all’emergenza alimentare registrata dal Rapporto 2015 della Caritas diocesana.
Le previsioni per l’anno in corso della Caritas indicano un fabbisogno di derrate per un valore di 260mila euro.
Il 59% di quanto viene donato, acquistato o ricevuto tramite l’Agea (gli aiuti alimentari europei) serve a coprire la richiesta di borse viveri, 5.699 nel 2014 per il centro d’ascolto di via Giordani, a fronte delle 2.950 del 2011.
Sarebbero ben 50mila all’anno le borse viveri che in diocesi vengono assicurate dalle varie realtà ecclesiali. A questa cifra vanno aggiunte le circa 5mila erogate in città da altri soggetti della società civile, come Croce Rossa o Auser.
Segno che la crisi - con la perdita progressiva di posti di lavoro e la diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie - ha fatto scivolare verso la soglia di povertà, e oltre, nuclei che una volta riuscivano a cavarsela da soli.
Una tessera punti per fare la spesa
È pensando a questa fascia che un po’ in tutta Italia stanno nascendo i “social market”, dove si fa spesa come in qualsiasi supermercato, ma una volta in cassa non si mette mano al portafogli: il pagamento avviene scalando punti da una tessera su cui viene caricato un budget mensile, assegnato in base al reddito e alla composizione del nucleo familiare.
Nati nel 2008, oggi se ne contano una sessantina. L’Emilia Romagna è prima in classifica, con ben 14 empori, seguita da Umbria e Toscana con 6 e Lombardia con 5.
Di empori sociali si è parlato ad Expo a metà settembre, ospite il pescarese don Marco Pagnoncello, direttore della Caritas della sua diocesi e coordinatore delle rete degli Empori legati a Caritas. Quello in quartiere San Donato a Pescara è nato nel 2011.
“I parroci indirizzano al centro d’ascolto i nuclei familiari e i pensionati, i più provati dalla lunga crisi”, ha spiegato il sacerdote. È una modalità alternativa alla borsa viveri, che restituisce dignità a chi è nel bisogno. Il tesserino per fare la spesa ha una validità compresa fra uno e sei mesi.
“Per l’economia pericolante di tanti nuclei familiari questi progetti sono un approdo prezioso, gli aiuti alimentari consentono di spostare risorse sul pagamento delle utenze, i costi per la casa e gli studi dei figli”, annota don Pagnoncello, che rileva come il servizio, sorto come accompagnamento temporaneo, col perdurare della recessione costringa a un rinnovo delle tessere ben oltre il periodo inizialmente pensato.
Nasce invece nel 2013 dal mondo del volontariato, in sinergia con Comune e, tra i 50 partner, la Caritas diocesana e quelle parrocchiali della città, la realtà modenese di “Portobello”.
Qui sono i Servizi sociali del Comune che si occupano dei colloqui per l’accesso al market che coinvolge persone disoccupate, in mobilità, in cassa integrazione, licenziate per chiusura dell’azienda, ma anche famiglie in cui è presente un disabile o con un solo genitore.
La spesa si fa “per punti”, in media 90 al mese, equivalenti a 300 euro circa di spesa per una famiglia con 2 figli. Gli utenti hanno sorpassato quota 1800; il 45% è di nazionalità italiana.
“Portobello” è diventato anche uno spazio culturale, dove le persone possono trovare aiuto per la gestione del bilancio familiare o la scelta dei fornitori delle utenze più economici, grazie ai consulenti dell’associazione di ex bancari “Progetto Insieme”, promossa dalla Caritas modenese.
Non “dare cose”, bensì tenere una porta aperta
Nella nostra diocesi è attivo da due anni l’Emporio Sociale di Borgotaro, ospitato nei locali messi a disposizione dalla parrocchia a fianco del Centro d’ascolto della Caritas.
È proprio dall’esperienza di accoglienza della Caritas e della San Vincenzo che è nata la sollecitazione a fare squadra “per aiutare il paese a vivere una solidarietà concreta”, spiega il parroco don Angelo Busi. “La funzione della parrocchia - commenta - è unire, fare da collante delle varie realtà del territorio: è la rete il valore aggiunto di quest’esperienza, che educa a vincere l’individualismo che a volte permea anche l’associazionismo”.
Da giugno 2013 ad oggi, sono stati distribuite oltre 25 tonnellate di alimenti, per un valore di 30mila euro.
l progetto - che mette insieme volontariato, Forum Solidarietà, parrocchia e Comune ed è inserito nella rete del Banco Alimentare - si avvale del sostegno della Fondazione Cariparma e di aziende donatrici. Ciò che manca è acquistato nei supermercati del paese.
Su 121 colloqui effettuati, sono state erogate 110 tessere. Il 35% delle famiglie è di nazionalità italiana: 51 sono arrivate su segnalazione dei Servizi Sociali, 10 su indicazione dei centri d’ascolto, le rimanenenti per passaparola. In tutto, sono seguite 399 persone, tra cui 134 minori (64 hanno meno di sei anni) e 18 anziani. La maggioranza risiede a Borgotaro (88), ma non mancano utenti di Berceto, Bedonia, Albareto, Solignano, Valmozzola.
“L’obiettivo dell’emporio non è «dare delle cose», ma tenere una porta aperta”, ci tiene a sottolineare don Busi. “Chi è in difficoltà rischia di chiudersi, di sentirsi escluso - riflette -. Attraverso l’ascolto e il circuito dell’emporio si tiene inserita la persona nella comunità. È questo l’orizzonte che dobbiamo tenere presente e che va sempre rinnovato”.
Barbara Sartori
Articolo pubblicato sull'edizione di venerdì 25 settembre 2015