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Percival, missionario laico
con gli indios nel cuore

47 anni, si è formato alla scuola di monsignor Giancarlo Dallospedale
in Roraima nel Brasile. Ora è stato inviato nella comunità di Villa Centrale

percival

Prosegue la Quaresima missionaria dedicata al tema dei volti. Pubblichiamo il contributo di mons. Giancarlo Dallospedale, sacerdote piacentino in missione a Roraima in Brasile, diocesi di cui è ora amministratore diocesano.

Il 21 febbraio, Percival Alexandre, indio Wapichana, è stato accolto nella comunità di Villa Centrale, come missionario laico.
Percival ha quasi completato gli studi di teologia nel Seminario, ma poi non se l’è sentita di farsi ordinare “sacerdote”: forse la nostalgia della “maloca” (comunità indigena), nostalgia della vita della sua gente, nostalgia dei ritmi lunghi del “lavrado” roraimense (savana), dei silenzi profondi dei campi incolti, nostalgia delle numerose serre, ritenute “sacre” dagli indios (piccoli cocuzzoli di montagna). “Serra da Lua” (montagna della Luna), maloca di Pium, è esattamente il luogo dove Percival è nato ed è vissuto fino ad oggi (47 anni di età), all’interno di una più ampia regione conosciuta in tutto il mondo come “Raposa Serra do Sol”. Sì, conosciuta a livello mondiale, a motivo dei recenti conflitti che hanno coinvolto indios e “fazendeiros”: i primi impegnati a liberare le loro terre dagli invasori ed i secondi decisi a difendere, “unghie e denti”, i propri interessi senza tener conto dei diritti degli indios, e ancor meno con la preservazione della vita della natura.
Finalmente ha prevalso il diritto costituzionale ed oggi la “Raposa Serra do Sol” è terra libera, ad uso esclusivo degli indios.

Percival, nella sua maloca, coltiva le piantagioni tipiche dei popoli indigeni: manioca, melica, riso.
Dedica tempo alla pesca e alla caccia, ma mai gli manca il tempo di passare di comunità in comunità, di maloca in maloca, per evangelizzare, fare catechismo ai piccoli e ai grandi. Niente può distrarlo dall’essere “pastore vigile” affinché niente di brutto possa capitare ai suoi “parenti”.
Mi diceva, subito dopo aver partecipato ad una settimana di formazione dei leaders di Cantà, alla fine del mese scorso: “Adesso devo ritornare nella mia maloca perché devo compiere il mio turno di sorvegliare i confini con la Guiana, per non lasciare entrare alcool e droga..”.

Gli indios si ritengono tutti parenti tra loro. Si sentono tutti una grande e unica famiglia, proprio come il progetto originario di Dio che, di tutti i popoli, vuol fare una sola famiglia.
È difficile lasciarsi sradicare dal proprio ambiente, soprattutto da un ambiente e da uno stile di vita così attraenti, com’è quello degli indigeni: vita comunitaria, rapporto fraterno con la natura, con gli alberi, i fiumi, i pesci e gli animali, senza tante esigenze. Un piccolo paradiso terrestre che forse noi bianchi non siamo più capaci di apprezzare, perché avvelenati dalle offerte del consumismo, dalle attrattive della modernità.

Ebbene, è arrivato il momento che il Signore si è fatto sentire ancora una volta, parlando al cuore di Percival: “Esci dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso una terra che ti mostrerò”. Abramo è partito come gli ha detto il Signore...Percival ha compiuto, oggi, questo stacco grande dalla sua maloca alla Villa Centrale, dove incontrerà, sì, tanti altri parenti indigeni, che però già hanno perso il legame con le loro origini e vivono come in una terra di “schiavitù”.

Percival, piccolo Mosé fra la sua gente? Dio sempre ci sorprende.
Anche questa volta vogliamo lasciarci sorprendere perché non sappiamo dove vorrà condurci.
Non sappiamo quali cammini nuovi di evangelizzazione vuole aprire in questa terra di Roraima. Percival da oggi, missionario a Villa Centrale, alla maniera indigena: lavorando e condividendo la vita della gente, catechizzando e testimoniando l’amore che fonde in un solo cuore anche le differenti culture: “mi sono fatto tutto per tutti, per salvare alcuni ad ogni costo. E questo faccio per causa del Vangelo, per esserne partecipe” (1 Cor 9,22-23).

La comunità di Villa Centrale, al momento della messa, ha donato a Percival una bicicletta, affinché possa raggiungere più facilmente le famiglie più lontane che abitano nelle “chacaras”.
Una merenda simbolica, con la collaborazione di ogni famiglia, e come continuazione della comunione eucaristica, ha sigillato l’accoglienza al nuovo missionario, Percival.

Dalla “maloca” di Pium al villaggio di Villa Centrale: una distanza relativamente piccola, se consideriamo i chilometri (250 km circa), ma distanza più che continentale se consideriamo il salto di cultura.
“Villa Centrale”, chiamata anche “Confiança” (Fiducia) è stato uno dei primi insediamenti di contadini venuti da altri Stati del Brasile. Oggi però, è un villaggio abitato prevalentemente da migranti indigeni, giunti soprattutto dalla vicina Guiana inglese.
Le famiglie indigene che lì abitano, hanno molti figli; gli uomini si adattano a cercare lavoro presso le aziende dei ricchi fazendeiros: vita difficile, come la vita di ogni migrante, ma un po’ meglio della vita di fame, da cui hanno dovuto fuggire, nella propria patria,la Guiana, già colonia inglese ed oggi “indipendente” politicamente, ma non economicamente. Percival si farà migrante tra i migranti, per essere annunziatore della bella notizia del regno. “Come sono belli, sui monti, i piedi del messaggero che annunzia la pace, che proclama la buona notizia, annunzia la salvezza” (Is 52,7).

Grazie per il vostro sostegno alla missione. Buona Quaresima!

Con affetto.
Don Giancarlo Dallospedale

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