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Mons. Ambrosio: "L'amore di Dio
è la speranza che resiste a tutte le delusioni"

Il Vescovo: sperare oggi è un atto di fede. Gli sposi cristiani siano testimoni nella società

ambrosio Matrimonio



“Il matrimonio non è e non deve essere una scelta qualsiasi, fatta per comodità o perché così fanno tanti. Il matrimonio è una vocazione e, se vissuto come tale, dà luogo ad una famiglia solida e serena, cosciente del ruolo che occupa e del compito grande e bello che ha da svolgere”.
La famiglia - e in particolar modo la famiglia fondata sul sacramento - ha una responsabilità e una missione da compiere. Non solo nella Chiesa, ma nella società tutta. Perché il primo bisogno del mondo di oggi è quello di vedere coppie, genitori, figli, nonni che, pur nella fatica quotidiana delle relazioni, credono nella bellezza e nella centralità del loro essere famiglia. Per questo il vescovo mons. Gianni Ambrosio è sin dall’esordio, nel 2009, un grande sostenitore dell’iniziativa del Forum di organizzare nel cuore di Piacenza una “Grande Festa della Famiglia”. Domenica 14 settembre alle ore 12 celebra la messa nella basilica di San Francesco: un momento irrinunciabile per gli organizzatori, per dire “grazie” per il dono della famiglia e per affidare nella preghiera a Dio tutte le famiglie che soffrono per la perdita del lavoro, le divisioni, le difficoltà educative con i figli, la malattia.

Il futuro da “incognita” è diventato “problema”

— “Non lasciamoci rubare la speranza”: riprende l’appello di Papa Francesco il tema della Festa della Famiglia di quest’anno. La parola “speranza” oggi suona a molti un’illusione. È così?
Il futuro non è più solo un’incognita ma è diventato il problema, il “caso serio” dell’uomo confuso e sfiduciato. È chiaro che la speranza è un’illusione se si parte dall’uomo, dalla sua autosufficienza. Un’illusione che finisce in delusione. Il momento attuale è caratterizzato, fra tante altre cose, da molte delusioni, dopo la presunzione di poter risolvere ogni problema da soli, con le sole nostre forze, dopo il ripiegarsi della persona nell'individualismo.
Questa è la strada che abbiamo percorso, una strada che scopriamo chiusa, senza sbocchi, senza domani. Ma tornare indietro sembra impossibile. Questa constatazione genera un senso diffuso di impotenza che si estende a macchia d'olio, diventa un tratto caratteristico del nostro oggi. Il crollo di attese fondate sul “progresso”, variamente inteso, finisce per rinchiuderci dentro noi stessi, per spingerci verso l’isolamento e la rinuncia.
Accogliamo l’invito dell’apostolo Paolo e capovolgiamo la prospettiva. Dall’uomo può partire l’invocazione della speranza, ed è già molto, perché nell’invocazione si esce da se stessi e si vive nell’attesa. Ma non basta. L’apostolo indica la strada ricordandoci che “Cristo è la nostra speranza” (cfr. 1Tm 1,1). Il cristiano spera in Gesù Cristo, è Lui il nostro futuro e noi già ora partecipiamo della sua resurrezione. Noi speriamo con la speranza piena di fiducia e di certezza di Cristo.

— A quali condizioni è possibile la speranza in tempi bui come quelli che stiamo vivendo?
“Non lasciamoci rubare la speranza”, ci dice Papa Francesco. E cioè non lasciamoci rubare la luce e la forza che ci viene da Cristo. La speranza cristiana non è autoesaltazione, ma è accoglienza del dono. Sperare oggi, nel nostro tempo, diventa allora un segno concreto di fede. La vera, grande speranza dell’uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, è l’amore di Dio che si dona nel suo Figlio unigenito, che si è fatto uomo, è morto ed è risorto. Paolo ci invita alla speranza che proviene dall’esperienza della fede, in cui ciascuno può dire: “Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20).

Famiglie troppo sole

— Oggi anche la fiducia nella famiglia è in crisi. Le cronache ce la consegnano come il luogo della violenza e della follia. Cosa rispondere a chi obietta che proporre una Festa della Famiglia di fronte a questi fatti sempre più frequenti è un non senso?
Anche la famiglia soffre, indubbiamente. Con forme di irrazionalità incontrollata, che spesso sfociano nella violenza. A ben guardare, forse è proprio il vuoto che genera violenza, perché arriva al rifiuto della realtà, considerata opaca, senza senso, inaccettabile. Ecco la tendenza autodistruttiva, che, a livelli diversi e con diversi esiti, sembra essersi impossessata di molti.
È difficile fare famiglia, essere genitori oggi, trasmettere dentro le mura di casa il senso delle cose che contano, con modelli distruttivi che vengono imposti e che trovano terreno fertile in famiglie che sono sempre più lasciate sole dalla società.
Eppure, tenendo conto di tanta fatica domestica, la maggior parte delle mamme e dei papà italiani confidano ancora in quello che spesso non sanno più essere: la forza della famiglia stessa. Se emergono i grandi mutamenti della famiglia, se accadono fatti tristissimi, cresce anche la voglia di restituire alla famiglia quel ruolo e quella centralità al momento perduti. Ma un fattore importante che non bisogna trascurare è che per formare una famiglia c’è bisogno di maturità e di consapevolezza di ciò che costituisce la famiglia. Il matrimonio non è e non deve essere una scelta qualsiasi, fatta per comodità o perché così fanno tanti. Il matrimonio è una vocazione e, se vissuto come tale, dà luogo ad una famiglia solida e serena, cosciente del ruolo che occupa e del compito grande e bello che ha da svolgere.

Perché la famiglia è “Chiesa domestica”

— Quali sono i bisogni che la famiglia porta alla comunità cristiana? E su quali fronti oggi serve una presenza più attenta?
Prima dei bisogni e prima anche delle forme di presenza pastorale, credo che sia importante camminare con la Chiesa ed essere docili alla voce dello Spirito Santo. Sta per iniziare la prima fase del Sinodo, dedicato alla famiglia, alle sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione. Preghiamo lo Spirito Santo perché illumini i Padri sinodali e la Chiesa tutta. Dobbiamo ricordare che “la famiglia non è una semplice invenzione della società umana o di qualche potere puramente umano, ma una realtà naturale che è stata elevata da Cristo Signore nel contesto della sua grazia”, ha dichiarato il segretario generale del Sinodo. A me pare importante evidenziare bene ciò che il Concilio Vaticano II ha indicato: ogni famiglia cristiana è chiamata a vivere la sua vera realtà, il suo essere “chiesa domestica”. Sottolineo qui tre analogie tra la Chiesa e la famiglia. Come la Chiesa, anche la famiglia è vocazione, è mistero ed è ministero.

— Partiamo da “vocazione”.
Come la Chiesa, la famiglia è una comunità di “chiamati” dall’amore di Dio alla vita dei figli, alla vita buona, alla vita di santità. Il Signore chiede agli sposi cristiani di amarsi di un amore che renda presente l’amore di Cristo per la sua Chiesa e l’umanità (Ef 5,23), un amore fedele, misericordioso e gratuito. Dio non chiede nulla senza donare ciò che chiede: Lui ama per primo e ci mette sempre in condizioni di rispondere, se lo accogliamo e diciamo il nostro “sì”!

L’amore si fa servizio

— La famiglia come vocazione è un concetto semplice da capire. Cosa significa invece che la famiglia, come la Chiesa, è “mistero” e “ministero”?
Il “mistero” che la famiglia vive è in analogia con il mistero della comunità ecclesiale, e cioè l’essere segno e strumento dell’amore che salva. Non sempre la famiglia è ciò che dovrebbe essere, ma conosce momenti di amore e di peccato, di slancio e di arresto, come la Chiesa nel suo cammino verso la Salvezza.
È la fedeltà di Dio l’unica fonte di speranza. Per l’una e per l’altra, nonostante ogni cedimento, rimane come punto fermo la grazia dei sacramenti che ci viene donata. La Chiesa genera, educa, edifica la famiglia cristiana; questa, a sua volta, genera e cresce figli, li accompagna con amore, li aiuta a diventare figli di Dio per il Padre. Già questo è ministero, è servizio. Ma il ministero si estende e va oltre, diventa servizio al mondo con l’amore autentico e aperto a tutti, non chiuso nella piccola cerchia delle mura domestiche.
L’amore che non viene messo al servizio degli altri è un dono destinato a morire. È oggi richiesto alle famiglie cristiane di mostrare l’incomparabile bene della comunione matrimoniale rispetto ad altre forme: con l’aiuto della comunità cristiana e con l’aiuto del Signore questo servizio è oggi particolarmente importante.

a cura di
Barbara Sartori

Articolo pubblicato sull'edizione di mercoledì 10 settembre 2014

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