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Dietro dei grandi atleti,
dei grandi genitori

Il velocista Boiocchi e l’allenatore del Dream Team Special Basket Rossi

boiocchi dreamTeam


“La tua forza è la mia, grazie mamma”. Sono le parole di un celebre spot che ha commosso telespettatori e web, promosso da uno degli sponsor dei Giochi Olimpici di Rio, che racconta, attraverso toccanti immagini, i sacrifici e la forza di madri che permettono ai loro figli di diventare campioni dello sport mondiale. 
Simone, Claudio, Manuel, Mattia, Leonardo e tanti altri ragazzi disabili oggi non sono campioni mondiali, ma anche per loro la forza di mamma o papà ha fatto la differenza, li ha portati a tirare fuori tenacia e coraggio, nello sport e non solo.
Barbara Bolzoni, madre del campione italiano Simone Boiocchi e Stefano Rossi, padre e allenatore del Dream Team Special Basket, ne sono la dimostrazione.


Mamma Barbara, la “voce” di Simone

“I medici dicevano che a causa dei suoi problemi Simone non avrebbe mai potuto andare in bicicletta. Ma si sbagliavano, a 16 anni, grazie allo sport ce l’ha fatta”. Barbara Bolzoni è la mamma del ventiduenne Simone Boiocchi, un giovane piacentino sordomuto ma soprattutto un giovane piacentino campione italiano di atletica nei 100 e 200 metri.
La vita di Simone non è stata per nulla in discesa: ha affrontato numerosi interventi di ricostruzione facciale, accompagnati dall’handicap di non poter liberamente comunicare con gli altri. L’incontro con il CIP di Piacenza gli ha cambiato la vita. “In seconda Media quando frequentava la «Calvino,» il CIP era entrato nella sua scuola e qui ha preso il via la sua passione per l’atletica”, ricorda la madre.
Un incontro fortuito che ha dato una risposta concreta al desiderio della famiglia Boiocchi di poter trovare una strada che potesse aiutare il figlio ad inserirsi in un gruppo e socializzare, nonostante le sue patologie. L’ingresso nel mondo dell'atletica ha stravolto in positivo la vita di Simone, nel fisico e nello spirito. “Grande è stata gioia di mio figlio nel sentirsi integrato, come gli altri ragazzi, ma è avvenuto un cambiamento anche nel corpo, perché fino ad allora non era in grado di coordinare braccia e gambe”. Simone ora è sbocciato, anche se i primi tempi sono stati difficili: “Ricordo ancora - dice mamma Barbara - quanto era duro per lui allenarsi perché non riusciva a capire con l’apparecchio acustico i comandi dell’allenatore”.
La rinascita del ragazzo è avvenuta grazie alla sua forza interiore di superare i limiti che la disabilità gli ha imposto. E fondamentale è stato sentire accanto a lui la famiglia, la madre Barbara, che ha dato “voce” e tante energie per dare vita ai sogni di Simone. “Giriamo su e giù per l’Italia per accompagnarlo nelle varie gare, oltre che agli allenamenti - spiega -. È faticoso ma vederlo correre con tutto il suo impegno e la sua forza, è un’emozione grandissima. Per me ogni gara è come fosse la prima”. Una felicità quella di Barbara che molti genitori di disabili ignorano: “molti sono frenati,non nego che seguire i propri figli nello sport è davvero impegnativo”.
La strada dello sport non premia soltanto con medaglie o riconoscimenti, ma relazioni autentiche: “Lo sport è un grande aiuto anche per le famiglie - puntualizza Barbara -; è capace di abbattere muri e Simone ce l’ha fatta anche grazie a tante preziose presenze, come gli allenatori e l’amico Sergio Mazzocchi”.


La “squadra da sogno”
 nata dai genitori

Metti dei bravi ragazzi, giocatori di basket arruolati in differenti squadre, la passione tutta al femminile di una giocatrice e la grande intuizione del delegato CIP di Piacenza. Così ha preso vita il Dream Team Special Basket, la squadra di basket integrato per ragazzi e ragazze normodotati e con difficoltà cognitive relazionali, che da oltre tre anni raccoglie successi nei vari campionati.
“La squadra è nata nel 2013 da un'intuizione di Franco Paratici, fautore di questa iniziativa- - ci racconta Stefano Rossi, allenatore della squadra e padre di uno degli atleti - ma fondamentale è stata la presenza di Claudia Cavenaghi giocatrice e allenatrice di basket, che nel periodo iniziale si è occupata degli allenamenti e delle partite”.
Il “Dream Team” è nato dal desiderio dei genitori, prima che da quello dei ragazzi: “Ho sempre giocato a calcio, mio figlio giocava con altri ragazzi normodotati nella Polisportiva Libertas, ma crescendo il dislivello si faceva sempre più grande”, ricorda Stefano . Da qui la decisione di cercare una via sportiva da far vivere pienamente al figlio, da qui l’incontro con Paratici e la decisione di “appassionarsi” al basket, fino ad iscriversi al corso per allenatore di basket di primo livello.
Stefano è un papà-allenatore che non fa sconti a nessuno e punta a tirare fuori il massimo dai giocatori, “perché tratto i ragazzi tutti allo stesso modo, tutti devono seguire le regole, ovviamente con i giusti accorgimenti che occorrono”.
La squadra, partita con sei elementi, oggi è composta da 12 ragazzi con disabilità e tre ragazzi normodotati che li affiancano in campo. Si allenano con costanza due volte alla settimana e partecipano a numerosi campionati. Nell’ultimo hanno giocato 40 partite, comprese lunghe trasferte. È un team che raccoglie coppe e successi, grazie alla tenacia dei ragazzi unita a quella delle famiglie. “La nostra forza - non nasconde Stefano - sta anche nel supporto di tanti genitori i cui figli giocano in squadra, tra i quali Luigi Sartori, Maurizio Marangon, Simona Bassi, oltre al volontario Filippo Bettini”.
“Sii tu stesso il cambiamento che vuoi vedere nel momento”, affermava Gandhi. Questi genitori, speciali, ne sono un esempio: hanno saputo trasformare i sogni di dodici ragazzi in una “squadra da sogno”.

Erika Negroni

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