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Educare ai social network: la rete tra risorse e falsi miti

marcinno fagnoni

“I dispositivi digitali sono facili da usare per la loro immediatezza, sono veloci nel funzionare e proporre continuamente nuove idee, esperienze e soluzioni per ogni necessità. Sono così intelligenti che sembrano conoscere, meglio di noi stessi, cosa ci serve e cosa ci piace”. È questa una delle premesse che la psicologa Paola Marcinnò e l’educatrice Fausta Fagnoni hanno messo in risalto nell’incontro svoltosi, il 23 gennaio, all’Associazione “La Ricerca”. Di fronte ad un pubblico attento le due esperte hanno sottolineato come siamo all’interno di una rivoluzione che non può fare riferimento ad eventi del passato perché è una realtà del tutto nuova. “Il 79% dei possessori di uno smartphone controlla il proprio apparecchio non più tardi un quarto d’ora dopo essersi svegliato ogni mattina”, afferma Nir Eyal, autore americano di origine israeliana, che ha scritto importanti testi su “behavioral engineering”, l’ingegneria comportamentale.
È questo uno dei dati presentati dalle relatrici che hanno poi sottolineato come quasi un italiano su tre viene ripreso almeno una volta al mese dal proprio partner e persino dai propri figli perché sempre attaccato allo smartphone. È una delle evidenze che emerge dal rapporto Global Mobile Consumer Survey 2016 di Deloitte, una ricerca su 30 Paesi che delinea i trend, le abitudini e le preferenze nell’utilizzo di smartphone, che ci incorona come il paese europeo in cui si litiga più spesso a causa del cellulare.
Come si è riusciti a stravolgere le nostre abitudini in questo modo?
Cosa ha permesso che noi fossimo così tanto agganciati alle tecnologie?
Perché arriviamo a controllare il nostro smartphone anche 150 volte al giorno?
Cosa ci aggancia? Ecco gli interrogativi proposti da Marcinnò e Fagnoni.
“Il mondo digitale può creare nuove abitudini e può manipolare il comportamento degli uomini - hanno aggiunto le esperte -. Le abitudini fanno parte della nostra vita molto più di quanto pensiamo: la grande capacità delle abitudini è infatti proprio quella di nascondersi alla vista pur essendo in funzione. Ci fanno risparmiare tempo e attenzione, permettendoci di concentrarci su cose più interessanti e utili; sono alla base dell’apprendimento, soprattutto di comportamenti complessi”. I prodotti digitali incluse app e serie tv, secondo le esperte, sviluppano negli utenti una forma di gratificazione all’uso e un’abitudine a ritornare. Per chi ha responsabilità educative comprendere come funzionano le tecnologie è, per le relatrici, di fondamentale importanza. Significa diventare consapevoli del nostro potere di scelta come adulti e poi, nei nostri diversi ruoli, come educatori. Diviene quindi necessario conoscere le regole di quell’ambiente e anche le leggi che presiedono l’ambiente digitale. La rete è infatti un ambiente senza confini in cui può entrare e uscire di tutto ovunque e in qualsiasi momento. Inoltre qualsiasi parola, pensiero, immagine, video proprio perché digitali possono essere modificati in qualsiasi momento e se ne può perdere il controllo.
Allora cosa fare? È la domanda che sorge spontanea. Una soluzione Marcinnò e Fagnoni l’hanno proposta nel modello del delfino per ogni genitore. Il delfino apre la strada e guida il figlio, spinge il piccolo e gli sta accanto, pian piano lo allena, lo incoraggia e quando il figlio fa progressi il delfino si fa indietro. Si tratta quindi, per le esperte, di diventare genitori influencer. Cioè mostrare curiosità e interesse per il mondo virtuale, amare i figli per quello che sono e consegnare loro la speranza di un futuro possibile, senza lasciarli soli. I suggerimenti della psicologa e dell’educatrice sono dunque quelli di parlare e dialogare sempre con i figli, fare della navigazione in rete una esperienza di famiglia, esattamente come vien fatto per la TV, educare i figli a non dare informazioni personali su internet, infine far comprendere che la comunicazione mediata da un computer non sempre ci fa capire chi troviamo dall’altra parte dello schermo.

Pubblicato il 30 gennaio 2020

Riccardo Tonna

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