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Don Patricello: «Strada e social sono cattivi maestri»

Maurizio Patriciello

Una lunga scia di sangue e di violenza, che vede vittime donne, da molto giovani ad adulte, caratterizza l’estate 2023. Notizie di stupri di gruppo ai danni di ragazzine poco più che bambine, com’è successo nel Parco Verde di Caivano che ha avuto per protagoniste due bambine, due cuginette, da parte di un folto gruppo di giovanissimi, o di una diciannovenne, vittima di 7 ragazzi a Palermo, o di femminicidi, uno degli ultimi si è consumato contro Anna Scala, 56 anni, accoltellata alle spalle dal suo ex a Piano di Sorrento. Di tutto questo orrore parliamo con il parroco della chiesa di San Paolo Apostolo, nel Parco Verde di Caivano, don Maurizio Patriciello (nella foto sopra, di Siciliani/Gennari-SIR).

— Cosa ha pensato quando ha saputo dello stupro subito dalle due cuginette del Parco Verde?

Sono parroco a Caivano, la maggior parte di questi ragazzi li ho battezzati io. Prima dell’indignazione, prima della rabbia, dello sconcerto, viene una sofferenza grandissima e acutissima.
È come all’improvviso quando ti viene un infarto fulminante.

— lI quartiere di Parco Verde è già tristemente noto...

È un quartiere nato dopo il terremoto del 1980 e vi hanno ammassato tutte le persone povere che prima abitavano in altre zone. Qui lo Stato non è mai stato presente: togli la chiesa, togli la scuola, i Carabinieri, non c’è altro, non ci sono una farmacia, una fermata dell’autobus, i servizi sociali, non c’è nessuno che si prenda cura delle persone che ci vivono. Non c’è stata neppure l’attenzione del Comune: avevamo a pochi passi dalla parrocchia un centro sportivo enorme: è stato vandalizzato, adesso è tutto rotto e sotto sequestro. Il Comune non si è fatto carico di ripristinarlo. Adesso non abbiamo neanche il sindaco, ci sono tre commissari straordinari perché l’ultima Amministrazione comunale è stata sciolta per camorra. Se in un quartiere problematico, a rischio, dove ci sta un commercio della droga tra i più fiorenti di tutta l’Italia, le infrastrutture, luoghi di aggregazione per ragazzi e i servizi sociali non ci sono - e le famiglie sono quello che sono -, la strada e i social, come Facebook e Tik Tok , e la pornografia diventano maestri. La domanda che dobbiamo porci è questa: chi ha educato questi ragazzini all’amore, al sentimento, anche alla sessualità? Non li ha educati nessuno. Li ha educati la pornografia! Ma questi temi non si toccano mai, sono un tabù.

— Perché succede questo?

Gli adulti hanno abdicato alla fatica dell’educazione perché educare, diceva San Giovanni Bosco, è cosa del cuore e quando non c’è la passione di educare la persona amata – questo succede con i genitori, con la scuola, anche con la chiesa – la strada fa da maestra, fa crescere molto in fretta ma anche in un modo distorto. Al Parco Verde abbiamo due bambine che sono vittime, su questo non ci sono dubbi, ma i maschietti, che sono i carnefici, sono vittime anche loro: il trauma che hanno avuto le bambine sarà il trauma che si portano dentro questi maschietti, anche se cercano di camuffarlo con il maschilismo. Dobbiamo aiutare i ragazzi a capire che essere educati e dolci, rispettare l’altro, essere solidali non è un segno di debolezza, è un segno di forza. Ma abbiamo mai provato a insegnarglielo?

— Sia gli stupri sia i sempre più numerosi femminicidi non indicano un profondo disprezzo della donna?

Sì, alla base c’è sempre questo disprezzo della donna che deve essere ridotta a un oggetto. Non siamo mai migliorati da questo punto di vista anche se abbiamo fatto finta di superare il maschilismo: in realtà ce lo portiamo ancora dentro il nostro Dna. Ne dobbiamo fare di strada ancora: dobbiamo insistere, insistere, insistere sempre.

— Come si possono difendere le donne da questa violenza? L’abbiamo visto anche nel femminicidio di Anna Scala: la donna aveva denunciato il suo ex ben due volte per le violenze subite, ma le denunce sono state addirittura scatenanti di una violenza peggiore, cieca e assassina, da parte del suo carnefice...

Nella mia vita di prete ho invitato decine di donne ad andare a denunciare le violenze subite. Tante volte le ho accompagnate io stesso a fare denuncia. Quando ho letto che Anna ha denunciato una volta, poi una seconda volta e non è stata in qualche modo protetta, mi sono chiesto se dovesse venire da me una donna a dirmi: ‘Padre, mio marito mi picchia’, avrò il coraggio di dirle: ‘Corri subito in caserma?’. O, piuttosto, sarò preso dal terrore di condannare a morte questa donna, se dopo la denuncia non si mette in moto la catena che dovrebbe difenderla?
È terribile da dirsi, ma se non si prendono immediati provvedimenti dopo una denuncia, consigliare una donna di denunciare equivale a condannarla a morte.
Questo è il problema, è inutile girarci intorno. Possiamo fare tutte le manifestazioni che vogliamo, possiamo esporre scarpe rosse, possiamo installare panchine rosse, ma tutto lascia il tempo che trova. Se la denuncia, alla fine, serve solo a istigare di più la persona violenta, piuttosto che a fermarla, a bloccarla, mi domando davanti a Dio, essendo un prete, se non condanno la donna cui consiglio di denunciare. Io ho lavorato in ospedale per tanti anni. Il Pronto soccorso è molto importante: se arriva un ammalato la prima cosa che fai cerchi di tamponare la ferita ma poi alle spalle devi avere il reparto adatto dove ricoverare l’ammalato e dove possa ricevere le cure del caso. Dopo la denuncia che io paragono a un Pronto soccorso se non si mettono in moto tutti i meccanismi per mettere al sicuro la donna e isolare il delinquente che la sta minacciando e le sta usando violenza allora corriamo dei rischi troppo grossi.

Poi parliamo degli stupri da parte dei ragazzi. Ma domandiamoci: che esempio abbiamo dato? Chi è che ha ammazzato 76 donne in questi primi 8 mesi dell’anno? Sono stati gli adulti.

— C’è un fil rouge che lega tutto?

Sono convinto che gli stupri di questi ragazzini e i femminicidi vanno studiati e osservati insieme. E poi mi chiedo: chi c’è dietro a queste 76 donne – mamme, figlie, sorelle, amiche – che sono morte per mano violenta di un uomo? Se loro sono 76, ce ne sono almeno 760 persone che stanno soffrendo. I ragazzi cosa hanno appreso dai social, da Facebook, dalla televisione? Che c’è stato un uomo di poco più di 50 anni che ha accoltellato vigliaccamente la sua donna alle spalle? Cosa devono imparare questi ragazzi? Se aggiungiamo che l’educazione sentimentale e sessuale viene fatta dalla pornografia e dai social, come dicevo prima, capiamo che gli episodi eclatanti dei quali veniamo a conoscenza sono solo la punta dell’iceberg ma non solo a Caivano, in tutta l’Italia: per una donna che denuncia uno stupro o una violenza, chissà quante ce ne sono che non denunciano.

Se vogliamo fare sul serio ci dobbiamo fermiamo e a reti unificate, come si fa per il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica, dobbiamo tutti insieme domandarci se vogliamo davvero mettere fine a questo scempio. Se sì, agiamo di conseguenza. Se non ci interessa davvero, continueremo a indignarci per un giorno al prossimo stupro o femminicidio, ma poi già il giorno seguente sarà dimenticato.

— Se avesse l’occasione di parlare con i ragazzi di Caivano che hanno violentato le cuginette di Parco Verde cosa direbbe?

Non lo so, così a freddo, certe cose si sentono all’istante e di conseguenza si parla. Poi bisogna anche capire chi sono questi ragazzi, la loro storia, come sono stati coinvolti. Le persone vanno prese una per una cercando di aiutarle laddove è possibile. Questi ragazzi crescono molto in fretta. Un ragazzo di 14 anni di Parco Verde è paragonabile a uno di 20 di un altro posto. Se la strada lo ha forgiato, sappiamo che è una pessima maestra perché fa maturare molto tempo prima, ma in un modo distorto.

Gigliola Alfaro

Pubblicato il 29 agosto 2023

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