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Dalla diocesi alle imprese: come salvare la montagna?

gruppo relatori e studenti seminario montagna Università Cattolica Piacenza

Comunità di pianura che "adottano" una comunità di montagna. Il cammino delle Comunità pastorali come opportunità per condividere carismi e ministeri. Il progetto di un Parco culturale ecclesiale, già avviato in altre diocesi, per valorizzare non solo il patrimonio architettonico ma la cultura popolare, le devozioni, la storia di un territorio.
Sono le tre vie indicate dal vescovo mons. Adriano Cevolotto al seminario "Road to Appennino Hack", promosso dal corso di marketing territoriale dell'Università Cattolica di Piacenza, con la regia del professor Paolo Rizzi, per approfondire problemi delle aree montane ma anche indicare possibili soluzioni. La mattina di oggi, 1° marzo, insieme al Vescovo ha visto l'intervento di voci diverse che, ciascuna dalla propria prospettiva, ha illustrato come sta lavorando per una rinascita della montagna. Nella foto sopra, i relatori insieme agli studenti che hanno partecipato all'incontro.

Vincere l'isolamento

Mons. Cevolotto ha evidenziato l'attenzione che la Chiesa diocesana vuol riservare a comunità magari piccole numericamente e sempre più anziane, ma spesso ricche di un tessuto di relazioni. Smarcandosi dal rischio di attaccarsi al "si è sempre fatto così" - che non porterebbe altro che ad un ulteriore isolamento - si tratta di lavorare, nell'ottica delle Comunità pastorali, per una pastorale adatta ai tempi, senza dimenticare che certe zone, poco popolate nei mesi invernali, diventano mete turistiche nella bella stagione, polo attrattivo di persone e di iniziative. Si tratta allora da un lato di pensare ad una presenza che non si limiti solo ad alcuni momenti celebrativi, così come alla gestione di un patrimonio ecclesiale suggestivo e bello, però oneroso da sostenere per una piccola parrocchia e non sempre abitato o abitabile. Le tre strade indicate dal Vescovo vogliono provare a dare una risposta a un territorio che non può essere dimenticato e con il quale la Chiesa è chiamata ad essere in dialogo permanente.

cevolotto adriano

Il Vescovo mons. Adriano Cevolotto durante il suo intervento.

In Emilia-Romagna sono 121 i Comuni montani

Celeste Pacifico di Art-ER, società consortile della Regione (l'acronimo sta per Attrattiva Ricerca Territorio) ha fotografato le caratteristiche geografiche dell'Emilia-Romagna e le relative caratteristiche socio-economiche. Il territorio montano e collinare - con i suoi 121 Comuni - rappresenta il 42% del territorio regionale, ma è abitato solo dal 10% del totale della popolazione emiliano-romagnola. Gli stranieri che hanno scelto di collocarvi la residenza sono l'11% della popolazione della montagna, con una presenza spiccata delle nazionalità marocchina, rumena ed albanese. Il 27% di chi vive in montagna ha più di 65 anni. La fascia 15-34 anni è ferma al 18%.
Sul piano morfologico, si registra, specie nell'appennino piacentino-parmense e in quello orientale, un forte problema di dissesto idrogeologico. Un tema-chiave, se si pensa che la natura, l'aria pulita, i boschi possono diventare fattori di competitività per un territorio.
Le imprese in montagna in Emilia-Romagna sono in tutto 51mila, circa l'11% del totale, ed occupano 142mila addetti. Ci sono 370 scuole (107 Comuni montani hanno anche la scuola dell'infanzia), dieci ospedali di comunità e 29 case della salute (sulle 127 in Regione). Ci sono 270 strutture culturali tra musei e biblioteche, teatri e cinema, e 1.197 impianti sportivi. Sono cresciute le piste ciclabili (dai 95 chilometri del 2017 ai 217 del 2021), il trasporto pubblico su gomma è articolato in una rete di 8mila fermate, con la sola eccezione di Zerba nel Piacentino e Casedelici nel Riminese. Da marzo 2021 i Comuni montani sono connessi in banda ultralarga, anche se - ha precisato Pacifico - ciò non implica che tutti possano ancora utilizzarla.

Dai prodotti del bosco alla natura: come promuovere un territorio

In questo contesto regionale, hanno illustrato la loro linea di azione per promuovere il territorio Giovanni Pattoneri, direttore del Gal del Ducato, e Pierangelo Romersi, direttore di Destinazione Emilia, che stanno collaborando sul fronte della valorizzazione turistica.

Pattoneri ha sottolineato l'impegno per attribuire un marchio, ad esempio, al tartufo della montagna piacentina e parmense, altrimenti acquistato da altre realtà e "spacciato" come proveniente da differenti regioni. Ha annunciato il progetto di tutela e valorizzazione delle aree boschive. E poi c'è il settore turistico, con alcuni progetti in collaborazione con Destinazione Emilia per le province di Piacenza, Parma e Reggio. Il portale Appennino Emilia, illustrato da Romersi, è una vetrina delle tante possibilità per i turisti, ma indica anche tutte le informazioni per chi vuole investire o vivere in montagna. Sono in crescita, provenienti da altre province, persone che investono in attività di servizio correlata al turismo slow, come bed and breakfast, relais, guide escursionistiche, noleggio e-bike. Servizi che rispondono alle richieste del turista del 2023 - specifica Romersi - che vuole vivere un'esperienza immerso nella natura, alloggiando in luoghi più raccolti e magari isolati rispetto al classico albergo. "Stiamo proponendo ai Comuni di lavorare insieme su alcuni temi che riteniamo strategici: il settore wine, il golf, i cammini storici ed i castelli, di cui le tre province emiliane sono ricche", ha annunciato Romersi.

rizzi Paolo seminario montagna

Il prof. Paolo Rizzi apre la mattinata di lavori. Accanto a lui, seduti, alcuni dei relatori: da sinistra, mons. Cevolotto, Vittorio Silva,
Francesco Rolleri, Giovanni Pattori e Pierangelo Romersi.

Imprese: serve un Piano nazionale

Francesco Rolleri, presidente di Confindustria, non ha esitato a definire eroici quegli imprenditori - come Marco Labirio di Bobbio - che scelgono di stare in montagna, perché questa decisione comporta, conti alla mano, perdite di introiti rispetto ad insediamenti di pianura. "Tra 15 anni, l'appennino sarà spopolato", ha detto senza mezzi termini. "Definirla un'emergenza è poco", ha continuato, provando a delineare qualche proposta per invertire la rotta.

Nella sua esperienza di amministratore - è stato sindaco a Vigolzone e presidente della Provincia - ha tentato la strada delle Unioni dei Comuni, che però è andata fallita sia per Vigolzone e Pontedellolio che per Bettola-Farini-Ferriere. "E per l'alta Valnure, sarebbe stata questione di sopravvivenza", ha commentato.

Resta la lacuna, in montagna, di infrastrutture, di una viabilità a misura di impresa, di servizi. "Non basta l'impegno della Regione, serve un Piano nazionale e con misure di aiuto che vadano oltre i primi due o tre anni di insediamento, altrimenti, com'è già successo, ci sono aziende che aprono in montagna, restano finché ci sono gli aiuti e poi si trasferiscono altrove". Il Covid ha insegnato che lo smart working può essere una opportunità e lo potrebbe diventare anche per la montagna. Resta il fatto che chi vive in queste zone ha bisogno di ospedali e di scuole. "Se mio figlio ha un problema e devo portarlo al Pronto Soccorso, da Ferriere devo spostarmi a Piacenza o Fiorenzuola. Non è ammissibile".

Il caso virtuoso della scuola di Bobbio

Di scuole in particolare ha parlato il direttore generale della Provincia Vittorio Silva, parlando del caso virtuoso di Bobbio che porterà l'istituto comprensivo nell'ex Seminario, ceduto dalla diocesi al Comune della Valtrebbia a un prezzo agevolato. La struttura verrà sistemata e ristrutturata con i fondi del Pnrr - "abbiamo riservato ben il 60% dei 4milioni che la Provincia ha ottenuto nel bando nazionale", ha detto Silva - così potrà ospitare oltre alle superiori anche elementari e medie.
Infine, Silva ha annunciato, nel percorso del Piano territoriale di Area Vasta, l'intenzione di operare affinché la montagna, che garantisce a tutto il territorio provinciale risorse idriche e naturali, possa trarre un beneficio da questo suo contributo, cosa che finora non è avvenuta.

Barbara Sartori

Pubblicato il 1° marzo 2023.

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