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All'ultima udienza di Benedetto XVI anche 200 piacentini

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C’erano anche duecento piacentini all’ultima udienza di papa Benedetto XVI a Roma, il 27 febbraio 2013. In maniera del tutto inaspettata, Ratzinger aveva annunciato le sue dimissioni l’11 febbraio. Il pellegrinaggio diocesano per l’Anno della fede, già programmato da tempo e guidato dall’allora vescovo Gianni Ambrosio, si è trovato così catapultato in un evento unico della storia della Chiesa del nostro tempo (nella foto sopra, di Del Papa, il gruppo davanti alla basilica di San Paolo fuori le mura). Tra l'altro, proprio mons. Ambrosio era stato ricevuto da papa Ratzinger il 2 febbraio in occasione della tradizionale "visita al limina" che vede periodicamente riuniti i Vescovi di una porzione di Chiesa, in questo caso l'Emilia-Romagna.

Lo striscione della diocesi
“Le tue parole luce per sempre. Piacenza ti abbraccia”: queste le parole dello striscione che hanno salutato il Papa dimissionario, in una piazza straripante di persone. Benedetto XVI – volto sereno e parole dirette – ancora una volta in quella circostanza ha voluto distogliere l’attenzione dalla sua persona, riconducendo tutti gli eventi del Pontificato, dall’elezione il 17 aprile 2005 alla “grande rinuncia” dell’11 febbraio 2013, a un sentito, sincero, non formale ringraziamento a Dio, “dal quale non mi sono mai sentito abbandonato”.
È stata la parola grazie quella più̀ pronunciata da Benedetto XVI nel suo ultimo discorso pubblico. Un grazie commosso ai fedeli presenti in piazza - “Vedo una Chiesa viva” -, ai “fratelli cardinali”, alla Curia romana, compresi i collaboratori che lavorano a riflettori spenti. Ma il grazie più̀ grande lo ha riservato a Dio, “che semina la Parola e alimenta la fede del suo popolo”, e che mai – ha ripetuto, come a confortare gli animi di chi si era sentito tradito dalla sua decisione - lascia sola la sua Chiesa.

"La barca di Pietro non è mia, non è nostra, è di Cristo"

Il grande teologo non avuto paura di farsi vedere dal mondo per quello che è, uomo con i suoi timori e le sue domande. Ha ricordato di quando, eletto successore di Pietro, si era sfogato: “Signore, perché mi chiedi questo?”. Per poi continuare, senza esitazione: “È un peso grande quel che mi metti sulle spalle, ma se me lo chiedi sulla tua parola getterò le reti”.

La navigazione sulla barca di Pietro, da allora, ha conosciuto acque tranquille e venti contrari, giorni di pesca abbondante e tempeste tali da far pensare che, davvero, il Signore si fosse addormentato. Quasi otto anni dopo - ha chiosato - la conferma che Dio le sue promesse le mantiene, che “nulla lascia affondare”. “La barca di Pietro - aveva evidenziato inoltre - non è mia, non è nostra, è sua, e Cristo non l’abbandona mai”. E ancora: “Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi”.

attesa ultima udienza benedetto 16

“Non scendo dalla croce”
È con la medesima certezza che Benedetto XVI aveva confidato di essere arrivato alla rinuncia. “Ma non scendo dalla croce”, aveva tuonato, quasi a replicare alle accuse di qualcuno. Perché l’amore di un Papa è “per tutti” ed è “per sempre”. È l’amore di un padre che desidera per i suoi figli il dono più grande, ossia la fede, che altro non è - ha ribadito all'ultima udienza - che sentirsi amati da Dio, avvertire tutta la gioia di questa scoperta.
Tra le acclamazioni “Benedetto, Benedetto” lanciate dai giovani e riprese col battimani anche da chi capelli li ha ormai bianchi, Papa Ratzinger ha dato una testimonianza potente di cosa significa essere cristiano. Ossia, esprimere la gratitudine per i doni ricevuti. Vivere ogni incarico come un servizio, non come uno strumento di potere. Perseverare nell’affidamento nei momenti della prova. In una parola, sull’esempio di Cristo, amare senza risparmiarsi, fino a dare la vita. È stato il programma di Benedetto XVI fino al suo ultimo giorno da Papa in carica; lo rè rimasto dal primo marzo 2013 in poi. Non mi ritiro - sintetizziamo il suo pensiero - per tornare a fare conferenze, viaggi, seminari. Non vado a chiuderei in una pensione dorata. “La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero non significa che me ne vado. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo. Resto nel recinto di San Pietro, sull’esempio di San Benedetto, che ci insegna che la vita, che sia attiva o passiva, appartiene totalmente a Dio”.

L'appello alla conversione
Sotto il piede destro del Gesù benedicente del mosaico della basilica di San Paolo fuori le Mura si intravede un bozzolo bianco, a forma quasi di tartaruga. È l’immagine di Papa Onorio III, in atteggiamento di venerazione, prostrato davanti al suo Signore, l’Onnipotente che non ha disdegnato di abbassarsi fino alla morte di croce. Non a caso - aveva ricordato l'oggi vescovo emerito mons. Ambrosio celebrando la messa per i pellegrini davanti a questa suggestiva raffigurazione - uno dei titoli con cui si definisce il Papa è “servo dei servi di Dio”, per “ricordarci la piccolezza di tutti noi”. Anche Paolo VI, appena eletto, volle evidenziare questo particolare nel suo discorso ai padri conciliari. “Benedetto XVI ha lo stesso stile, la stessa disponibilità al servizio”, aveva sottolineato mons. Ambrosio, ricordando che pure Onorio III fu Papa in tempi difficili, percorsi da eresie, che seppe vincere puntando su due nuovi movimenti, quello francescano e domenicano, capaci di innescare il rinnovamento in una Chiesa stanca.
Che la Chiesa necessita di conversione Benedetto XVI lo ripete da sempre. L’appello di “ritornare a Dio con tutto il cuore” lo ha ripetuto anche all’inizio della sua ultima Quaresima da Papa sul soglio di Pietro. Il suo ritirarsi in preghiera per meglio servire la Chiesa - insieme alle sue ultime parole pubbliche da Pontefice - ci restano come consegna perché questo rinnovamento, più volte richiamato dal successore Francesco, possa continuare e riacquistare vigore.


Barbara Sartori

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