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La veglia per le vittime degli abusi: dal dolore alla consolazione

veglia 

“Non devi pensarci, sono cose passate…”: sono le frasi di rito, citate da mons. Adriano Cevolotto, che si pronunciano per sottrarsi al dolore. Il Vescovo, il 18 novembre, nella Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, nella basilica di Sant’Antonino a Piacenza, ha affrontato, nella sua riflessione, il dolore delle vittime invocando il nostro Dio che “risana i cuori affranti e fascia le loro ferite” (Salmo 147).
“Dal dolore alla consolazione”: il tema della Veglia di Preghiera, incentrata sul Salmo 147 in cui il Signore non lascia il suo popolo nel momento della sofferenza, e invita tutti a non distogliere lo sguardo davanti alle ferite provocate da ogni forma di abuso. “Non bisogna - ha commentato mons. Cevolotto - relegare la sofferenza in un passato da rimuovere”.

Dalle sue piaghe siamo stati guariti

Soffermandosi poi sulla prima lettera di Pietro, il presule ha evidenziato come Cristo ci ha lasciato un esempio e ha tracciato un percorso rispetto al male.
“Gesù, dice la lettera, - sintetizziamo il pensiero del Vescovo - patì per voi: si è messo dentro, come vero uomo, alla nostra esperienza, e come vittima innocente ha subito il male. Cristo non ha risposto con la vendetta, è rimasto in silenzio”. In questo momento mons. Cevolotto ha rimarcato gli anni di silenzio in cui sono restati in tanti che hanno subito abusi, e nel loro cuore si è insinuato un doppio male: quello subito e quello a cui si rimasti legati.
“Dalle sue piaghe siamo stati guariti - ha proseguito il Vescovo -, Gesù si fa carico di tutte le ferite per sanarle, chiuderle, anche se rimangono le cicatrici che appartengono al corpo di Cristo, ed anche noi, sentendo il dolore delle vittime, apparteniamo al suo corpo.
Il Signore risorto - ha precisato mons. Cevolotto - porta su di sé i segni della passione, ma vince la violenza e la morte, ed anche per le vittime di abusi deve esserci una risurrezione, una vita nuova. A noi viene chiesto di fasciare ogni ferita per essere strumenti del suo amore”.

Una ferita aperta nel corpo di Cristo che è la Chiesa

Anche le parole di papa Francesco sono risuonate, nella basilica di Sant’Antonino, attraverso i brani presi dal discorso ai membri della pontificia commissione per la tutela dei minori, pronunciato lo scorso 29 aprile.
“L’abuso, in ogni sua forma, - ha affermato papa Francesco - è inaccettabile. L’abuso sessuale sui bambini è particolarmente grave perché offende la vita mentre sta sbocciando in quel momento. Invece di fiorire, la persona abusata viene ferita, a volte anche indelebilmente. […] Le persone abusate si sentono come intrappolate in mezzo tra la vita e la morte. Sono realtà che non possiamo rimuovere, per quanto risultino dolorose. La testimonianza dei sopravvissuti - ha continuato il pontefice - rappresenta una ferita aperta nel corpo di Cristo che è la Chiesa. Vi esorto a lavorare diligentemente e coraggiosamente per far conoscere queste ferite, a cercare coloro che ne soffrono e a riconoscere in queste persone la testimonianza del nostro Salvatore sofferente. La Chiesa infatti conosce il Signore risorto nella misura in cui lo segue come Servo sofferente. Questa è la strada per tutti noi: vescovi, superiori religiosi, presbiteri, diaconi, persone consacrate, catechisti, fedeli laici. Ogni membro della Chiesa, secondo il proprio stato, è chiamato ad assumersi la responsabilità di prevenire gli abusi e lavorare per la giustizia e la guarigione”.

La croce illuminata

Suggestivo e pieno di significato il gesto della luce nella Veglia in sant’Antonino. Il Vescovo e altri sacerdoti hanno diffuso nell’assemblea la luce attinta dal cero pasquale
“Vogliamo illuminare - è stato sottolineato - con queste luci il dolore profondo provocato dagli abusi per metterlo nel Suo amore, lì su quella Croce segnata sul pavimento, affinché le ferite possano essere fasciate, curate e consolate dalla misericordia divina”.
Posta sul pavimento, la croce lignea è stata contornata da tanti lumi accesi portati dai fedeli che hanno voluto, in questo modo, testimoniare il loro impegno per illuminare il dolore, risanando i cuori affranti e fasciando le loro ferite.
Alla fine tutti hanno ricevuto, come memoria della veglia e invito alla preghiera, dei segnalibri, con un versetto del salmo 147, realizzati dalle monache di clausura del Carmelo di Piacenza, da sempre, unitamente alle altre comunità di vita contemplativa della diocesi, fondamenta oranti della chiesa di Piacenza-Bobbio.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 19 novembre 2022

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