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Da Piacenza al convegno nazionale delle Caritas diocesane

caritas piacenza al convegno nazionale di Rho

Da sinistra, Alessandro Ghinelli, Susanna Rossi, Francesco Millione e Mattia Merli che rappresentano la Caritas diocesana
di Piacenza-Bobbio al convegno nazionale di Rho.

Nel mondo Caritas suona sempre più forte il campanello d’allarme per la crescita della povertà economica in Italia. Segnali che spronano gli operatori a mettere in campo nuove strategie e ad indicare politiche mirate alle istituzioni. Se ne sta parlando al 42° Convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso fino al 23 giugno a Rho (Milano). Sono 547 i partecipanti, in rappresentanza di 165 diocesi (su un totale di 218), riuniti nei padiglioni della Fiera per discutere di come “Camminare insieme sulla via degli ultimi”. Presente anche una delegazione della Caritas diocesana di Piacenza-Bobbio con Francesco Millione, responsabile Area Giovani, Mondialità ed Emergenze, Alessandro Ghinelli, Susanna Rossi del Progetto Policoro e Mattia Merli.

Povertà a livelli record

Con 5,6 milioni di persone in povertà assoluta, si è arrivati ai livelli più alti dal 2005. "Nel 2021 ci si aspettava un miglioramento dei dati, invece al sud la situazione è peggiorata e prosegue con l’aumento dei costi del gas e dei carburanti”, conferma  la sociologa Federica De Lauso, ricercatrice dell’ufficio studi di Caritas italiana, a margine del 42° Convegno nazionale delle Caritas diocesane. A stare peggio sono gli anziani soli, gli stranieri, i giovani under 34 e i minori, soprattutto nel Meridione. E’ cresciuta, in particolare la povertà relativa delle persone sole over 65, dal 4,4% del 2020 al 6,6% del 2021 (dati Istat).

Gli stranieri in povertà assoluta sono oltre 1 milione e 600.000, con una incidenza pari al 32,4%, ossia uno straniero su 3 è povero, quattro volte peggio degli italiani poveri che raggiungono il 7,2% della popolazione. Gli stranieri, ad esempio, “hanno sempre fatto fatica sul versante abitativo, per pagare le bollette, perché con lavori precari e meno tutele”, spiega De Lauso. Con la pandemia la situazione è peggiorata: “i lockdown e le restrizioni hanno bloccato i lavori in nero e la bassa manovalanza e molti di loro non riescono ad accedere al Reddito di cittadinanza perché c’è il vincolo dei 10 anni di cittadinanza italiana”.

In crescita la povertà tra gli anziani

Il dato in crescita degli anziani in povertà relativa (calcolata sui consumi anziché sull’accesso al paniere di prodotti come la povertà assoluta), invece, “significa che stanno consumando molto meno a causa dell’aumento dei prezzi per l’inflazione”. Ciò che tiene a sottolineare la sociologa è però l’aspetto “multidimensionale” della povertà, che non è solo economica e tocca il lavoro (molti sono working poor), la casa, la salute, il disagio psicologico esploso con la pandemia e la povertà educativa.

Un Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza

Eppure le soluzioni ci sarebbero e la Caritas e il Terzo settore sono sempre in prima linea per indicare le soluzioni. Per gli anziani è stato lanciato proprio in questi giorni, insieme a 50 organizzazioni cattoliche e laiche, un “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza”, con una lettera al Presidente Draghi ed ai Ministri Speranza e Orlando che contiene richieste precise, in vista del Disegno di Legge Delega per la riforma per l’assistenza agli anziani non autosufficienti, che il governo dovrà presentare entro l’estate, secondo i i tempi del Pnrr.

In Italia sono 3,8 milioni gli anziani non autosufficienti, con ricadute pesanti sulle rispettive famiglie. Che spesso non sanno a chi rivolgersi per chiedere aiuto e sono costrette ad organizzarsi privatamente, spendendo di tasca proprio per pagare badanti e assistenza.

“Chiediamo di avviare al più presto la riforma per la non autosufficienza – afferma Nunzia De Capite, sociologa dell’ufficio studi di Caritas italiana -. Se non si agisce oggi con veri cambiamenti strutturali che preparino il futuro il problema esploderà, visto che tra dieci o venti anni gli anziani aumenteranno. Oggi il sistema è veramente iniquo e complicato. Non c’è coordinamento degli interventi tra sociale e sanitario, perché una parte è affidata ai Comuni e l’altra alle Asl. La riforma propone l’istituzione di un Sistema nazionale per l’assistenza degli anziani, ossia una regia nazionale tra i Ministeri della Salute e del Lavoro e a livello locale tra Asl, Comuni e Terzo settore, ossia una governance coordinata”.

In sostanza, i familiari degli anziani potrebbero rivolgersi ad un punto unico d’accesso che valuterebbe i bisogni per dare la possibilità di accedere alle varie misure, tra cui l’indennità di accompagnamento e i vari servizi socio-sanitari come l’assistenza domiciliare, infermieristica o medica oppure situazioni residenziali come le Rsa o semi-residenziali. “Proponiamo anche di valutare la misura dell’indennità sulla base delle condizioni economiche e dei bisogni – precisa De Capite – e di prevedere badanti con percorso certificato. Ora siamo in attesa della legge delega, poi entro il 2023 la cornice generale di riforma e i decreti delegati per l’attuazione”.

Patrizia Caiffa

Pubblicato il 23 giugno 2022.

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