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Cattolica, un «upgrade» comunicativo per rapportarsi con i giovani

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Cosa fa la Chiesa piacentina nella vita quotidiana, sul piano della vita pastorale, dell’impegno nel sociale e nel campo della cultura? Un’indagine ideata dal direttore del Nuovo Giornale don Davide Maloberti e Giuseppe Borea e condotta da alcuni studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, con la supervisione dei docenti Paolo Rizzi e Barbara Barabaschi e la direzione della dott.ssa Diana Gjini, ha messo in luce opinioni, interessi e proposte di un campione composto da 360 ragazzi e ragazze, prevalentemente di età compresa fra i 20 e i 25 anni. Giovedì 7 aprile si è tenuta la presentazione del rapporto “Dal business all’anima”, cui è seguito un commento da parte di alcuni esponenti del clero piacentino e del vescovo mons. Adriano Cevolotto.

Una diaspora dopo i 20 anni

“Dopo l’esame di maturità si registra una dispersione, – spiega don Riccardo Lisoni, parroco di San Giovanni e Santa Brigida – cambiano i ritmi della vita e il rapporto con la Chiesa e le attività parrocchiali, ma anche chi si allontana conserva una buona memoria dell’educazione cristiana. La difficoltà della Chiesa nel comunicare con chi sta fuori – continua – è data da una sfasatura fra linguaggio reale e linguaggio liturgico, che appare incomprensibile e in parte insignificante. L’80% delle parole trasmesse riguarda il peccato e la colpa: ciò non fa altro che allontanare le persone”. La frattura comunicativa, come evidenzia Barabaschi, porta i giovani a non trovare risposte alle proprie domande. “C’è un bisogno espresso ma non soddisfatto. Bisogna portare la liturgia ai giovani, non il contrario”, spiega.

Un «upgrade» linguistico

Si comincia dalla catechesi, “il pachiderma dell’iniziazione cristiana” come la definisce don Alessandro Mazzoni, responsabile Pastorale Giovanile diocesana. “È un meccanismo ripetitivo, non creativo, frustrante e lontano dalla realtà, mentre i giovani chiedono un «aggiornamento», un «upgrade», denunciando il bisogno di un tempo d’ascolto che richiede un nuovo linguaggio. Non bisogna però cadere nella tentazione – prosegue – di ridurre il desiderio di rispondere e il bisogno di ospitalità a mera animazione: il ricreatorio non è il nostro obiettivo, ma un mezzo per raggiungere fini più complessi”. La modernizzazione comunicativa è un’urgenza della Chiesa di oggi, poiché è l’unica via per sperare di invertire la rotta che vede sempre più ragazzi e ragazze allontanarsi dalla vita parrocchiale. La statistica riporta che i giovani che vivono la vita ecclesiale hanno una più forte propensione ai valori come la pace, l’amore, la solidarietà, il rispetto delle regole. “Anche se poi vanno via, resta un’esperienza fondamentale”, commenta Rizzi.

La forza della gratuità

“Quando un figlio se ne va di casa, il genitore continua comunque a seguirlo, e appena lo rivede gli va incontro e lo abbraccia. Così dev’essere anche per la Chiesa”, sottolinea mons. Cevolotto. “Si è sempre detto ai bambini «Vieni a messa, e poi ti spiego perché», ma è sbagliato: la liturgia deve essere un punto di arrivo, non di partenza, prima dev’esserci la partecipazione alla comunità, che abbraccia tutta l’esistenza. «Io ti offro qualcosa, non ti metto catene, non ti costringo», è lo spirito di una Chiesa di popolo, disarmata, con la forza della gratuità”.

Francesco Petronzio

Pubblicato l'8 aprile 2022

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