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Il Vescovo a Palazzo Galli: «Ripristinare la fraternità ferita»

sforza

A quasi un anno dall’ingresso nella diocesi piacentina, martedì 5 ottobre il vescovo Adriano Cevolotto ha inaugurato l’Autunno Culturale della Banca di Piacenza, nella Sala Panini di Palazzo Galli e alla presenza delle maggiori autorità cittadine. Una riflessione, quella del Vescovo, introdotta dal dott. Giuseppe Nenna, presidente del CdA della Banca, partita dalla lettura di alcuni passaggi dell’enciclica di papa Francesco, “Fratelli tutti”, uscita nell’ottobre 2020.
L’incontro si è concluso con la consegna della targa dell’ospitalità piacentina, da parte del presidente del Comitato esecutivo dell’Istituto di credito avv. Corrado Sforza Fogliani.

"Salviamo la convivenza fra tutte le cose"

Il titolo scelto dal Papa – ha esordito il Vescovo - racchiude perfettamente ciò che più gli sta a cuore: la fraternità universale. Non un caso, dunque, il nome “Francesco”, scelto in quel marzo del 2013. Chiamarsi fratelli fin tanto che ci si scambia i regali di Natale va anche bene ma, sentirsi chiamare così quando non scorre buon sangue e si sta litigando davanti al notaio, fa accapponare la pelle. Da questa parola, da questa categoria umana – prosegue – bisogna ripartire per ricucire le ferite delle relazioni umane, sanguinanti ogni qualvolta viviamo, egoisticamente, in funzione del nostro bene personale. Così come la gioia è vera solo se realmente condivisa, la fraternità è sentita solo se il bene viene reciprocamene e universalmente ricercato. Ci scandalizziamo delle ingiustizie sociali, dei disastri ecologici, protestiamo per il surriscaldamento globale, eppure i ghiacciai continueranno a sciogliersi fin tanto che non chiameremo il sole e la luna “fratello Sole e sorella Luna”. L’antidoto più potente per salvare il creato, come ha ricordato il vescovo Adriano nel corso della conferenza, consiste nel salvare la convivenza tra tutte le cose, animate o inanimate, e le persone, bianche o nere che siano. L’ambiente e l’umano sono due rette incidenti, non due parallele che non si incontrano mai. Noi tutti, inoltre, ci siamo trovati già nel mondo, nessuno si è scelto il fratello che vuole dormire sempre con la luce accesa. E’ questa la nostra fortuna e salvezza: non essere noi gli ideatori di noi stessi né tantomeno gli ideatori dell’altro. Despoti terribili e impietosi saremmo altrimenti.

Una sfida non facile e non avulsa da sacrifici quella lanciata dal Papa e, di conseguenza, dal Vescovo: imparare a vedere l’altro, persona o cosa, antipatica o piccola che sia, come un dono. Preservare e promuovere sempre l’altrui e propria dignità personale, aprire vie e portoni e non sbarrare strade o chiudere porte in faccia all’altro. Dialogare tra credenti e miscredenti. Lanciare sguardi non di cattiveria ma di valore. Optare per la marginalità e la piccolezza, come fece a suo tempo san Francesco, e stare a contatto col diverso per uscirne arricchiti, sull’esempio di Charles de Foucauld, che presto sarà canonizzato.                
“Nessuno di noi è eterno o invincibile; siamo esseri di una fragilità innata bisognosi dell’aiuto reciproco per resistere agli attacchi della vulnerabilità, come ci ha ricordato il Coronavirus” ha detto il Vescovo.                                                   Dunque, a che scopo riconoscerci fratelli e cercare il bene comune? Per vivere da uomini le relazioni umane ma anche per avere saggi capi di partiti e guide di stati e per fare girare nel verso giusto l’economia. Insomma, la fraternità ha anche i suoi vantaggi.

Elena Iervoglini

Nella foto, Il vescovo mons. Cevolotto riceve la targa dell'ospitalità dall'avv. Corrado Sforza Fogliani a Palazzo Galli.

Pubblicato il 6 ottobre 2021

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