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Il Vescovo tra gli agenti del Corpo di Polizia Penitenziaria

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“Siete a contatto con tanta rabbia, presenti in questo groviglio di stati d’animo con le vostre personali attese, speranze, preoccupazioni e progetti personali e familiari”. Sono le parole rivolte dal vescovo, mons. Adriano Cevolotto, al Corpo di Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Piacenza, il 3 luglio, nel giorno di San Basilide, patrono degli agenti.
La celebrazione eucaristica all’aperto, sotto una tensostruttura realizzata dai volontari dell’Associazione Nazionale Alpini, è stata preceduta dall’introduzione di don Adamo Affri, Cappellano del Carcere, che, con il diacono Mario Idda, Direttore della Caritas, hanno accolto il Vescovo sottolineando la sua costante vicinanza e solidarietà alla Casa Circondariale.

Un lavoro di vocazione

“La memoria di san Basilide - ha aggiunto don Affri - ci ricorda che il lavoro della polizia penitenziaria è una vocazione perché coinvolge integralmente la persona e perché aiuta a liberare il male che c’è nell’anima e nella società”.
Caloroso il saluto rivolto dal Vescovo agli agenti di custodia, uomini e donne, che operano nella Casa Circondariale. “Non possiamo però dimenticare - ha aggiunto il presule - coloro che qui sono reclusi per l’esecuzione della pena o in attesa di giudizio. Appartengono al vostro servizio e quindi sono parte della vostra vita”.
Lungo poi l’elenco del vescovo sulle questioni giuridiche all’interno di scelte civili e politiche dibattute come: la relazione tra la giustizia e la pena certa, la finalità delle strutture detentive, il rapporto tra il passato colpevole e il futuro da immaginare e ricostruire, le attenzioni verso i soggetti implicati in comportamenti delittuosi, le relazioni tra il carcere e il territorio…
“Siete dentro ad un lavoro - ha puntualizzato mons. Cevolotto - non fatto solo di vigilanza, ma immerso in relazioni con un carico di attese, talora pretese, speranze e delusioni. San Basilide ci insegna che ogni situazione umana ci interpella nel profondo. Affidiamo il vostro servizio, che spesso mette alla prova, al Santo protettore, perché vi renda corresponsabili del cammino delle persone a voi affidate”.

Un cuore che pulsa

“Voglio raccontare di un cuore che pulsa, di battiti che non sempre, oltre il muro di cinta, si avvertono. Sento il dovere morale di farli sentire”. Così si espressa, non nascondendo la sua emozione, Gabriella Lusi, Direttrice della Casa Circondariale, sottolineando come il carcere si chiama “Casa” che è sinonimo di affetti e di accoglienza.
Dopo aver ringraziato, il vescovo, il prefetto, il sindaco, le autorità civili e militari, il personale, i volontari e tutti i presenti, la Lusi ha messo in evidenza gli ultimi due di lavoro, enorme, faticoso, pieno di angosce e paure, vissuto nell’ emergenza dovuta alla pandemia.
“Il lavoro degli agenti - ha affermato - è di quello del mantenimento dell’ordine e della sicurezza nella struttura, ma anche di osservazione dei reclusi ai fini di una loro rieducazione e un reinserimento sociale. Siamo qui - ha concluso la direttrice - per far battere il cuore sempre più forte, affinché le motivazioni sia individuali che organizzative, grazie alla vostra presenza, siano sempre più intense”.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 3 luglio 2021

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