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Carracci, il grande maestro del Seicento

carracci

Il folto pubblico presente al convegno “Omaggio a Ludovico Carracci” (presentato da Manuel Ferrari, direttore Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Piacenza-Bobbio), svoltosi il 19 ottobre a Palazzo vescovile, si è trovato immerso in un’atmosfera particolarissima, così circondato com’era da giganteschi affreschi del pittore celebrato. Adornano il salone da quando, per i restauri scalabriniani di fine ottocento, furono strappati dalle pareti del presbiterio del Duomo smembrando purtroppo l’unità del tema dell’opera commissionata al maestro (1605-1610) dedicata alla Vergine e trasportati su tela. La loro primitiva collocazione in uno spazio vasto e imponente come quello della cattedrale giustifica il gigantismo delle figure create per una visuale non ravvicinata. Due grandi tele di questo ciclo mariano erano state prelevate dai funzionari napoleonici nel 1796. Restituite nel 1816 non giunsero mai a Piacenza. Si fermarono a Parma, alla Galleria Nazionale.  Alcuni cartoni preparatori delle opere sono conservati a Windsor e al Louvre.Le conferenze del convegno hanno fatto molta presa sul pubblico, appagato anche dalla visita guidata alla mostra “Ludovico Carracci a Piacenza. L’arte della controriforma” allestita per il 400° della sua morte, snodantesi lungo un percorso “medievale”. Di per sé già molto interessante per mostrare scorci poco noti del retro del Duomo, camminamenti segreti, finora mai consentiti a estranei, ripide scalette interne sorprendenti per certe loro sculture decorative destinate a rimanere nascoste: ma erano dedicate a Dio.
Grazie alla mostra si è conquistata, per la prima volta, la vista ravvicinata in quota, dai matronei, delle vele del presbiterio, dipinte da Ludovico Carracci, da Camillo Procaccini, Lorenzo Garbieri e Giacomo Cavedone.
L’omaggio al Carracci è l’atto più recente con cui Piacenza, tradizionalmente schiva e riservata, si svela, grazie all’aperta visione della diocesi in sinergia con la Fondazione di Piacenza e Vigevano, mettendo in mostra i suoi tesori d’arte. Contribuendo così a inserire la città tra mete turistiche ambite.
Il convegno ha offerto un coinvolgimento teorico dei presenti sul piano storico artistico completato con la diretta esperienza visiva attraverso la visita guidata alla mostra, che ha anche offerto l’occasione di scoprire la targa dedicata alla studiosa Carla Longeri. A lei si deve il ritrovamento di documenti d’archivio, esposti nella rassegna, attestanti l’opera del pittore.
I saluti del vescovo mons. Gianni Ambrosio, di Anna Coccioli Mastroviti, funzionaria alla Soprintendeza di Parma e Piacenza, di Jonathan Papamarenghi, assessore alla cultura del Comune di Piacenza, di Massimo Toscani, presidente della Fondazione, hanno introdotto le relazioni di don Roberto Maier, docente in Cattolica, di Daniele Benati, docente all’Università a Bologna, di Susanna Pighi, funzionaria Ufficio Beni culturali della Diocesi, di Sonia Cavicchioli, docente all’Università a Bologna.

Il quadro più emblematico di Carracci presente in mostra, scelto per propagandare l’evento, da tutti citato, è il San Martino che divide il suo mantello per rivestire un povero (del 1614). E’ stato recuperato da una posizione che ne ostacolava la vista: in alto sulla controfacciata del duomo e priva d’illuminazione. E’ denso di simboli. Allegorico nella sua funzione didascalica. Il tema del rapporto committente-artista al tempo della controriforma, o meglio della riforma cattolica sancita dal concilio di Trento, è stato allineato alle più recenti interpretazioni storiografiche che superano la stereotipata visione di arte di regime, a favore di fecondi ripensamenti di grande apertura mentale. Si è indagato sui compiti educativi dell’immagine quale libro per chi non sa leggere, che, al pari della Verità, consente un’immediata visione unitaria, sempre più approfonditamente scandagliabile attraverso sguardi successivi.
Ludovico Carracci è stato ricordato quale grande maestro del Seicento, protagonista del passaggio dal manierismo al barocco. Molto compreso dal tema del sacro ha mirabilmente interpretato dal punto di vista artistico la Controriforma che chiedeva immagini comprensibili, naturali, immediate, dirette, realiste, destinate a tutti, non solo a una élite istruita e raffinata. Passaggi messi in evidenza attraverso la lettura iconografica degli affreschi piacentini del pittore.
Ludovico è un innovatore. Crea un mondo nuovo, dove la forza del sentimento e la carica emotiva sono in grado di accorciare le distanze tra quotidiano e divino.
Fondamentale il suo utilizzo della luce. Studia dal vero l’umanità più comune, di cui registra pose, gesti, attitudini, fisionomie, ne trasfonde i sentimenti che rendono nuovamente autentico il racconto per immagini. Sono i primi passi di un rinnovamento che sarà inarrestabile. Trae ispirazione da Correggio, Parmigianino, Michelangelo (nelle possenti muscolature) e a sua volta influenza Guercino, Reni, lo stesso Caravaggio.

Apertura della mostra. La mostra è aperta al pubblico fino al 6 gennaio 2020, presso Kronos, il Museo della Cattedrale: sabato e domenica dalle 15 alle 18. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura. Info e prenotazioni: tel. 331.4606435; www.cattedrale piacenza.it - . Ingresso mostra: via Prevostura 7, retro Cattedrale.

Pubblicato il 23 ottobre 2019

Luisa Follini

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