Piacenza non dimentica
Cristiani perseguitati: la testimonianza del nigeriano don Batur
“Il problema è il silenzio. È importante far sapere quello che succede, la sofferenza dei cristiani. È molto difficile ad esempio per noi cristiani iscriversi all’Università. Se ti chiami Joseph, John, Anna... ossia nomi che indicano la fede cristiana, cominciano i problemi. Noi sappiamo molto bene che la fede è stata portata in Africa a caro prezzo, perciò per noi è un dono da custodire. Siamo pronti a perdonare, ma non rinnegheremo la nostra fede in Gesù”. Padre Fidelis Joseph Batur è un giovane sacerdote della diocesi nigeriana di Maiduguri, l’area dove è nato il movimento fondamentalista dei Boko Haram. È stato ospite a Piacenza nell’ambito delle iniziative legate alla beatificazione della martire suor Leonella Sgorbati, portando la sua testimonianza e la gratitudine a chi, attraverso i progetti di “Aiuto alla Chiesa che soffre”, sta aiutando lui e la sua gente a restare nel proprio Paese con iniziative di sostegno.
Il primo virus da combattere è l’indifferenza. Alessandro Monteduro, direttore di “Aiuto alla Chiesa che soffre”, si è soffermato sul concetto di libertà religiosa, che forse in Occidente può essere considerato scontato, ma non in tutte le latitudini. “In Corea del Nord infatti - ha detto -, sono circa 10 mila i cristiani internati per crimini come la divulgazione della Bibbia o la partecipazione alle messe. Ci sono altri Paesi, come Afghanistan e Nigeria, in cui è impossibile pensare a un peggioramento della situazione. Ma il vero problema è l’indifferenza che regna sovrana, non di tutti fortunatamente, ma in particolare delle istituzioni e dei governi”.
Pubblicato il 31 maggio 2018.
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