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Il Vescovo alle religiose: “Ciò che fa casa sono le relazioni”

suore


“L’icona evangelica scelta come sfondo del Cammino pastorale, è l’episodio di Marta e Maria nel vangelo secondo Luca (10,38-42). Dal racconto sono stati individuati tre passaggi (cantieri) che segnano percorsi da intraprendere”: sono le parole introduttive della meditazione di mons. Adriano Cevolotto, scritta per l’USMI (Unione Superiore Maggiori d’Italia) di Piacenza, lette dalla referente suor Franca Barbieri, Madre Generale delle Figlie di Gesù Buon Pastore, nell’assemblea del 6 novembre, davanti alle diverse religiose, riunite presso l’Istituto delle Suore della Provvidenza per l’infanzia abbandonata, in via Torta 63 a Piacenza. Il Vescovo, non presente a causa di sintomi febbrili dovuti al Covid, ha mandato la sua riflessione che è stata letta dopo l’ascolto del Vangelo di Luca.

Il cammino
II cammino di Gesù - ha spiegato mons. Cevolotto - ha una meta (Gerusalemme) e insieme ha un atteggiamento (una ferma decisione). Sembra che Gesù non voglia farsi distogliere da nulla. Parte spedito perché lì si compiranno i giorni "in cui sarebbe stato elevato in alto".
La sua esistenza è orientata da quel traguardo e in questo momento comprende che non può rinviare la decisione. Anche Gesù - ha sottolineato il Vescovo - ha i momenti decisivi, nei quali alcune scelte non sono più procrastinabili. Tutti noi abbiamo incontrato questi momenti o forse li stiamo vivendo. Gerusalemme può rappresentare il cammino per essere fedeli alla nostra vocazione.

La casa
Ci è detto subito che Marta ha una sorella e che entrambe abitano quella casa. E se la casa
fosse ogni comunità cristiana, ogni comunità religiosa? Si è domandato il presule.
Ciò che fa casa sono le presenze e le relazioni. Così differenti e così necessarie nella loro diversità. Sarebbe meglio dire che ciò che fa casa è l’ospitalità: far sentire qualcuno a casa. Penso - ha aggiunto il Vescovo - a molte delle vostre comunità che hanno la presenza di suore che provengono da varie parti del mondo, è opportuno ogni tanto chiedersi: facciamo sentire tutte a casa? Come pure che ognuna si chieda: desidero che questo luogo e questa comunità sia la mia casa? O avanzo pretese che non possono essere soddisfatte, alimentando così l'insoddisfazione e la recriminazione?
L’ospitalità data e ricevuta - per mons. Cevolotto - genera conversione all’amore: ti faccio entrare a casa mia così che non c'è più uno spazio esclusivamente di mia proprietà e accetto che tu ci stia come sei capace; e dall’altra parte, nel momento in cui accetto l’invito di essere ospitato, accolgo a mia volta il tuo modo, la ‘tua casa’, così com'è. Se ci pensiamo, - ha evidenziato il Vescovo - questa reciprocità è raccolta nel comandamento di Gesù: "amatevi gli uni gli altri". L'ospitalità è sempre una spoliazione, per questa ragione non è per nulla facile. Chiede veramente una grande conversione all’altro/a.

Il servizio
Si potrebbe - per il presule - riassumere così l’episodio del Vangelo: la conversione nel servizio. Non è lontano dal vero immaginare che nell’invito di Marta sia presente il desiderio di fare qualcosa per il Maestro. In sostanza: Gesù ha bisogno di me ed io ci sono. Come pure che sia così forte l’impegno di assicurargli il meglio, da essere "distolta per i molti servizi”. Verbo che esprime - ha affermato mons. Cevolotto - il girare intorno, l’essere presa da una frenesia che diventa un affanno e una agitazione. Gesù con delicatezza mette davanti a Marta il fatto che è così presa (da sé stessa) da distogliere il suo sguardo proprio dall’ospite. Ciò avviene quando il servizio (pericolosamente) ci fa perdere di vista la persona a cui è rivolto il nostro impegno. Come dire: il rischio è reale che si parta con l’intenzione di mettersi a servizio di qualcuno e si giunga a mettere al centro noi stessi. Per questa ragione il Vescovo ha invitato le suore a chiedersi regolarmente: perché e per chi ho fatto tante cose oggi? Come pure: perché mi sono arrabbiata con qualcuno rispetto ai servizi che mi sono stati affidati o che ho preso? Non necessariamente - per il presule - fare dei servizi è voce del verbo amare o servire.

La gioia del dono
Infine mons. Cevolotto ha affidato l’anno pastorale, che sta per iniziare, alla grazia del Signore, perché anche in ognuno si faccia strada ciò di cui c'è veramente bisogno. Se è una cosa sola, dovremmo chiedere al Signore - ha sottolineato il vescovo - che ci aiuti a tralasciare le tante cose per cui ci affanniamo e che producono scontentezza più che la gioia del dono.

Riccardo Tonna

Pubblicato l'8 novembre 2022

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