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La Graffigna a Cives: un'analisi sul post-pandemia

cives

Come ci ha cambiati la Pandemia? Questa è un’importante domanda a cui potremmo rispondere in molteplici modi, un tema vasto, articolato, talvolta spinoso ed è proprio da questo tema che comincia la riflessione del quarto appuntamento del corso Cives, relatrice della serata Guendalina Graffigna, professoressa ordinaria presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Cremona nel dipartimento di Psicologia, direttrice del centro di ricerca Engageminds Hub ed autrice del libro “Esitanti: quello che la pandemia ci ha insegnato sulla psicologia della prevenzione”.

L’importanza delle scelte del singolo individuo

La riflessione della professoressa Graffigna parte proprio dall’idea del singolo come parte di un tutto, da come la consapevolezza della ricaduta delle proprie scelte su un sistema più ampio di cui tutti noi facciamo parte sia fondamentale in un’ottica di benessere futuro e di quanto sia necessario interiorizzare un approccio “One Health” di salute globale affinché il cittadino diventi sempre più cosciente della propria presenza ma soprattutto del proprio impatto all’interno di una fitta rete di connessioni. Le prime e più importanti misure di prevenzione dipendono infatti dal cambiamento comportamentale dell’individuo, dalla sua comprensione di rivestire un ruolo all’interno del sistema sanitario, cambiando la visione egoistica ed individualista in un pensiero collettivo finalizzato al bene comune.
L’avvento di Covid-19 ha incrinato la relazione di fiducia gi
à fragile tra cittadino e scienza: “Marzo 2020 è stato un periodo idilliaco per il rapporto tra società e scienza - dichiara la professoressa - il cittadino ha riposto grandissime speranze in essa, idealizzandola ed attribuendole un’irrealistica funzione salvifica, ma inevitabilmente questa non ha potuto rispondere alle insostenibili aspettative della società portando ad una progressiva perdita di fiducia da parte dell’individuo nelle istituzioni, nel sistema sanitario e nella scienza stessa”.
Questa perdita di fiducia come anche altre attitudini e comportamenti degli italiani, sono stati attentamente monitorati a partire dal febbraio 2020 dal centro di ricerca Engageminds Hub, i risultati ad oggi non sono purtroppo incoraggianti: il coinvolgimento attivo nel rapporto con il sistema sanitario risulta diminuito dall’inizio della pandemia, la popolazione è sempre più stanca e delusa nonostante la situazione biomedica sia in miglioramento, questo senso di frustrazione e la mancanza di coinvolgimento attivo, genera un effetto a catena producendo un graduale aumento del senso del rischio e di percezione di vulnerabilit
à nei confronti del virus, una tendente diminuzione del senso di responsabilità personale nella gestione della prevenzione e della salute, un senso di ansia e solitudine sempre più crescente ed un aumento della preoccupazione legata alle ricadute economiche.

Come la comunicazione ha svolto un ruolo cruciale

Un ruolo fondamentale in questo percorso di codifica della situazione attuale da parte del cittadino, lo ha sicuramente rivestito la comunicazione pubblica che spesso è risultata deleteria ed irresponsabile, confusionaria e troppe volte mirata a generare panico. Una divulgazione spesso discordante e contraddittoria che non è stata in grado di creare consapevolezza e comprensione. Ad una popolazione impreparata a mediare visioni contrastanti di tanti, forse troppi, esperti è stato richiesto di calarsi all’interno di un dibattito generalmente gestito dai professionisti a porte chiuse e che, in questo caso, si è tenuto in pubblica piazza, sui social e nei salotti televisivi, senza però spiegare allo spettatore le regole del gioco ovvero che la scienza necessita dei suoi tempi, di approfondite analisi e di un processo di comprensione. Troppe volte ci sono state presentate previsioni certe, dati inconfutabili, soluzioni definitive, per poi essere smentite con il passare del tempo e con la raccolta di nuove informazioni, ed è stato proprio questo a portare il cittadino ad una graduale sfiducia nella scienza, negli operatori sanitari e nelle istituzioni, questa malsana comunicazione ha fatto credere allo spettatore che vi fosse una soluzione rapida e definitiva creando una illusione nociva e generando un senso di diffidenza e scetticismo.
“La comunicazione a favore della prevenzione che avviene tramite una scelta di cambiamento da parte del singolo – riferisce la dottoressa- è stata ignorata e forse ritenuta non di fondamentale importanza, questo probabilmente a causa di una mancanza di espertismo multidisciplinare, anche all’interno dei comitati tecnico-scientifici, capace di dare chiavi di lettura del comportamento e del non-comportamento, della reazione del cittadino a determinati proposte e di come la comunicazione possa facilitare l’accettazione di nuovi provvedimenti da parte del singolo, aiutandolo a modificare i suoi atteggiamenti".

 Cosa ci riserverà il futuro?

Come saremo nell’era post-pandemica? Non vi sono certezze si possono solo fare previsioni, sicuramente saremo diversi, probabilmente ne usciremo più pessimisti, talvolta prede di un senso di impotenza e di mancanza di controllo, le persone daranno più importanza al presente che non ad un ignoto futuro sul quale sentono di non avere più alcun potere, saremo indubbiamente più consci dell’importanza della salute e del vero senso di ciò che rappresenta, ovvero non semplicemente una “mancanza di diagnosi” ma un connubio di benessere fisico, mentale e sociale, vivremo più consapevoli della necessità della salute ambientale ed animale, due fattori comprimari per il raggiungimento di un prosperità comune. Si prospetta inoltre un cambiamento nella metodologia di consumo, più frugale, più mirato, più interessato alla qualità e alle scelte ambientali e sociali apportate dalle aziende produttive e sicuramente meno concentrato sul mero possedere.
“Il nostro comportamento ha un valore fondamentale per il benessere personale ma anche per quello della collettivit
à e dell’ambiente - conclude la relatrice -, si cambia se vogliamo cambiare, la prevenzione ci richiede sempre un rinnovamento che spesso implica anche una rinuncia”. In un mondo individualista come il nostro, parlare di rinunce e sacrifici sembra quasi anacronistico e paradossale, tuttavia si tratta di una necessità, un imperativo categorico che possiamo ignorare certo, ma che prima o poi ci raggiungerà inesorabile presentandoci un conto probabilmente troppo salato.

Chiara Lombi

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Pubblicato il 22 dicembre 2021

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