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Piacentini in pellegrinaggio all'isola di San Giulio

isolaSanGiulio

Quando madre Anna Maria Cànopi arriva sull’isola di San Giulio sul lago d'Orta l’11 ottobre 1973 - 47 anni fa -, il vecchio Seminario di Novara al centro del lago d’Orta è abbandonato da tempo. Eppure il vescovo Aldo Del Monte, giunto nella diocesi piemontese un anno prima, cappellano dei soldati italiani nella guerra di Russia, sa che la vera arma per cambiare il mondo è la preghiera.

Madre Canopi era nata a Pecorara nel 1931

Madre Anna Maria Cànopi, al secolo Rina, nata a Pecorara il 24 aprile 1931 e cresciuta anche lei nel pavese, è morta il 21 marzo 2019, proprio nel giorno del transito di San Benedetto, l’uomo di Dio a cui lei ha dedicato la sua vita.

Oggi Madre Cànopi e mons. Del Monte riposano l’uno accanto all’altra nel piccolo cimitero di Pella, sulle rive del lago d’Orta. Sulla sua tomba in tanti vanno a pregare e a chiedere grazie al Signore. E' all'isola di San Giulio che si dirige il 4 agosto un gruppo di piacentini guidati dall'amministratore apostolico mons. Gianni Ambrosio per iniziativa dell'Ufficio pellegrinaggi coordinato da Valeria Perini.

Il dopo-Cànopi

Madre Maria Grazia Girolimetto, brianzola, 55 anni, è la nuova badessa della comunità “Mater Ecclesiae” che conta 70 monache. Laureata in pedagogia, a 26 anni avverte la chiamata di Dio e arriva a san Giulio. Nel 2002 ha preso parte alla fondazione del nuovo monastero di Saint-Oyen nella valle del Gran San Bernardo, nato su invito del vescovo di Aosta. A San Giulio è stata priora per nove anni a fianco di Madre Cànopi assistendola soprattutto nelle questioni più pratiche. Il 9 novembre 2018 è stata scelta come nuova badessa.

“Arrivano le suore ma non c’era l’acqua potabile”

— Madre Girolimetto, qual è stata la portata dell’opera di Madre Cànopi?

Madre Cànopi e le altre cinque monache, partite dall’abbazia di Viboldone, sono state sospinte da molta audacia e coraggio: agli inizi infatti la vita della comunità, per le condizioni disagevoli del luogo, non è stata facile. Nel monastero non c’erano acqua potabile, riscaldamento e telefono. L’antica “domus episcopalis”, luogo dell’iniziale residenza del primo drappello di sorelle, era tutta da ristrutturare. Si pensava che avrebbero vissuto nel silenzio, quasi come eremiti, invece dopo pochi mesi arrivano alcune giovani col desiderio di unirsi alla Comunità che in pochi anni, quasi per miracolo, è raddoppiata di numero.

In quegli anni si respirava il vento del ‘68. La Madre Anna Maria fu donna profetica, capace di guardare lontano mantenendo tutto ciò che della tradizione della Chiesa rischiava di perdersi: il valore della vita monastica come vita nascosta agli occhi del mondo, un seme fecondo che muore e rinasce nell’apparente inutilità. Secondo i valori cari alla sana tradizione benedettina, ha dato importanza alla Parola di Dio e al lavoro.

tombaMadreCanopi

La tomba di Madre Canopi e del vescovo Del Monte, l'uno accanto all'altra, al piccolo cimitero di Pella sulle sponde del lago d'Orta.

“Per l’uomo la preghiera è indispensabile come la luce”

— Che cosa proponete a chi visita il monastero?

A tutti coloro che bussano alla porta del monastero viene innanzitutto offerto il dono della preghiera, infatti agli ospiti e ai pellegrini è proposta la condivisione della preghiera liturgica seguendo gli orari della comunità monastica.

All’uomo bisognoso e assetato il dono della preghiera diventa indispensabile come la luce, come l’acqua, come il pane, come e più di tutto quello che è necessario per la nostra vita. Essa è il respiro dell’anima poiché pregare è aprirsi a Dio e al prossimo, accogliere e donarsi. Nella preghiera si è illuminati, si è guidati, si è fortificati e si è consolati quando le situazioni della vita non sono facili e abbiamo bisogno di conforto e di sostegno.

Fin dal risveglio del mattino - la levata è attorno alle ore 4 - è dunque bello rivolgere al Signore la nostra mente e il nostro cuore per affidare a Lui la nostra giornata e mettere sotto il suo sguardo anche tutte le persone che ci sono care, dilatandoci nella carità fino a pregare per tutti gli uomini che vivono sulla faccia della terra e invocare su di loro la benedizione di Dio.

“Dio non parla attraverso il rumore”

Arrivare oggi all’isola richiede un viaggio…

La nostra isola è particolare; per arrivarci, occorre lasciare anche materialmente la riva, si giunge qui e si è avvolti dalla dimensione del silenzio che permette di ascoltare più profondamente la voce di Dio. Dio non parla attraverso il rumore, non lo si trova nel frastuono ma nella voce di un silenzio “sottile”. Occorre svuotarsi di tutto ciò che fa rumore dentro di noi: prima di tutto del nostro “io” con i suoi attaccamenti. In monastero si fa esperienza del silenzio: tutto è scandito dal ritmo della liturgia, dalla Parola, dal canto, dalla pacatezza del tempo, e il cuore riposa in questa pace.

Le nuove vocazioni hanno 35-35 anni

— Che cosa accade quando una persona si sente chiamata alla clausura?

Oggi l’età media delle vocazioni si è un po’ alzata; in monastero si entra sempre più spesso a 35-45 anni. Ciò che all’inizio sospinge è una grande attrattiva verso la preghiera come dono di sé insieme al desiderio di rispondere all’amore di Dio; una risposta che chiede di operare distacchi radicali, a volte anche molto dolorosi.

L’entusiasmo della stagione iniziale lascia il posto col passare del tempo ad altre motivazioni più profonde convalidate dall’esperienza della vita comune, che se è luogo di potatura diviene anche il luogo in cui esercitare in pienezza l’amore.

Davide Maloberti

Pubblicato il 4 agosto 2020

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