Menu
logo new2015 ok logo appStore logo googleStore

Tradizioni piacentine/2 - L'Angil dal Dom

28fiore2 Angildaldom


— di Fausto Fiorentini —

Tra i simboli di Piacenza, più noti ai cultori delle tradizioni piacentine, vi è “l’Angil dal Dom”, l’Angelo posto sulla guglia del campanile della cattedrale, quello che saluta da lontano i piacentini quando sono via da casa.
L’affermazione è tratta dalla poesia dialettale.

28fiore2 angil1964Questo simbolo è là in alto e non è certo facile vederlo da vicino, salvo chi ha buona memoria e non è giovanissimo e ricorda quando nel 1964 è stato portato a terra per essere restaurato (a lato, una foto dell'evento).
Riandando con la memoria a quell’avvenimento, quando i primi piacentini videro da vicino l’Angil dal Dom, non possiamo dimenticare la delusione che molti provarono nel trovarsi davanti ad una statua tutto sommato modesta, opera di un artigiano del Trecento.

Occorre una precisazione: tutti l’angelo lo avevano visto a oltre 70 metri d’altezza. Non solo: al popolo ne avevano sempre parlato i poeti, soprattutto il Faustini, ed era inevitabile che tale opera venisse idealizzata.

Innanzitutto è da osservare che l’autore ha certamente messo in conto, quando ha realizzato l’angelo, la distanza a cui era costretto l’osservatore (è questa una preoccupazione prioritaria degli scultori); inoltre era un marchingegno al quale si chiedeva soprattutto fermezza e capacità di resistere alle intemperie.
Ma noi che, inutile volerlo nascondere, eravamo tutti innamorati di questo simbolo, perché era nostro e, anche fisicamente, al di sopra delle parti, ce lo eravamo immaginato bello anche perché era un simbolo importante.
Quando i piacentini lo videro da vicino, molti rimasero delusi e a questo proposito fu significativo un articolo, pubblicato dal prof. Ernesto Cremona prima su “Il Nuovo Giornale” e poi sulla “Vôs del Campanon” della Famiglia Piasinteina con il quale lo studioso delle nostre tradizioni affermava con decisione: “Io dico che sei bello, Angelo senza nome. Mentre tu scendevi io volevo bene a tutti”.

Scrive tra l’altro Cremona: “Che cosa pensavano e sentivano i Piacentini, la gran folla che gremiva la piazza del nostro Duomo, in quei minuti storici, mentre tu calavi solenne dalla cima del campanile il pomeriggio di domenica 31 maggio 1964? Io lo so: era un rigurgito tumultuante di pensieri e di affetti, confusi e indistinti, che inondava le nostre menti e i nostri cuori in una sostanziale unità pur nella infinita varietà delle personali risonanze” (...).

Pubblicato il 25 luglio 2019

Ascolta l'audio

Aggiungi commento


Codice di sicurezza
Aggiorna

"Il Nuovo Giornale" percepisce i contributi pubblici all’editoria.
"Il Nuovo Giornale", tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Amministrazione trasparente

Il nostro Sito utilizza esclusivamente cookies tecnici e non di tracciamento dell'IP di chi accede. Per saperne di più, clicca qui: Utilizzo Cookies