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Tradizioni piacentine/10 - L'urbanistica piacentina

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— di Fausto Fiorentini —


Di norma, quando guardiamo la “piantina” di una città, siano interessati a cercare la via dove dobbiamo andare e quindi, giustamente, ci limitiamo ai particolari che ci interessano.
Nulla da obiettare, ma quando abbiamo un minuto di pausa, consigliamo di riprendere in mano il foglio con le vie e di osservare l’impostazione della città nel suo insieme.
Senza essere specialisti coglieremo subito aspetti importanti della storia della città di cui ci stiamo interessando.

Prendiamo per esempio proprio Piacenza.
Subito vi invitiamo ad osservare il centro, piazza Cavalli e vicinanze: certamente non vi sfuggirà che le vie sono impostate a scacchiera.
È l’impostazione della città romana, che aveva il proprio modello nell’accampamento militare. E Piacenza, guarda caso, viene fondata dai romani per fronteggiare i Galli.
E tutti sappiano che nella storia ha fatto il proprio dovere, anche quando transitava da queste parti Annibale.

Poi arriva il Medioevo e la città si sviluppa a raggiera, in modo abbastanza libero ed istintivo.
Con i Farnese avranno la precedenza, come richiede la logica del ducato, le strutture rappresentative e non meraviglia che venga realizzata una strada adatta alle sfilate, ad esempio lo Stradone Farnese.
Nel Rinascimento vengono costruite mura concepite per far fronte all’artiglieria, arma nuova e rivoluzionaria, e viene impostata la “tagliata”, cioè il divieto di costruire nei pressi delle mura.
Ancora oggi sopravvivono delle colonnette (una in via Emilia Parmense e un’altra in via Farnesiana) che indicano questo divieto.

Con l’Ottocento, e soprattutto con il Novecento, questo divieto non ha più ragione d’essere.
Tra l’altro la città diventa una forte attrattiva per la gente della provincia (ci si permetta il termine) e si sviluppano tutti gli insediamenti che, nel tempo, daranno vita prima a Comuni autonomi e poi alle frazioni (un esempio, San Lazzaro, nel passato era un comune autonomo e poi è stato classificato come frazione).

Tutto questo si può leggere con sicurezza guardando la pianta topografica della città e questo vale anche per altri insediamenti.
Ad esempio la pianta di Cortemaggiore: si vede subito che la disposizione del centro di questo abitato è concepita dalla mente di un architetto rinascimentale e tutti sanno che la cittadina nel passato è stata capitale dello Stato Pallavicino. Poi nel Novecento è arrivato il petrolio, ma questa è un’altra storia.

Pubblicato il 25 agosto 2019

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  • In Cattedrale è stato ricordato il beato Secondo Pollo

    pollo

    Lunedì 26 dicembre il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la messa in Cattedrale a Piacenza nella memoria del beato Secondo Pollo, cappellano militare degli alpini. Vi hanno partecipato i rappresentanti delle sezioni degli Alpini di Piacenza e provincia e i sacerdoti mons. Pierluigi Dallavalle, mons. Pietro Campominosi, cappellano militare del II Reggimento Genio Pontieri, don Stefano Garilli, cappellano dell'Associazione Nazionale degli Alpini di Piacenza, don Federico Tagliaferri ex alpino e il diacono Emidio Boledi, alpino dell'anno nel 2019.
    Durante la Seconda guerra mondale, il sacerdote parte per la zona di guerra del Montenegro (Albania), dove trova la morte il 26 dicembre dello stesso anno, colpito da fuoco nemico mentre soccorreva un soldato ferito. 
    Originaio di Vercelli, fu beatificato il 24 maggio 1998 da papa Giovanni Paolo II. 

    Nella foto, il gruppo degli Alpini presenti in Cattedrale con il vescovo mons. Adriano Cevolotto.

    Pubblicato il 27 dicembre 2022

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