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Nella Piacenza del ‘500 nasceva Santa Maria di Campagna

 FotoDELPAPA 9


Fino al 1521 il territorio di Parma e Piacenza è stato parte del ducato di Milano sotto gli Sforza, poi sotto la Francia con la parentesi dell’occupazione pontificia (1510-11). Nel 1512 Massimiliano Sforza riottenne il governo di Milano, ma lo Stato Pontificio annetté i territori a sud del Po fino al 1515, quando la Francia si riprese Milano e i territori del Ducato, comprese Parma e Piacenza, fino al 1521, quando ritornano nello Stato Pontificio.
In quell’anno a Piacenza ci si accorge che l’antica chiesa di Santa Maria di Campagnola non basta più ad accogliere i fedeli. Prende corpo così l’idea di una nuova chiesa, che viene costruita a partire dal 13 aprile 1522 sul progetto dell’arch. Alessio Tramello. Ma l’aumento dei fedeli, secondo lo storico Franco Cardini, non è l’unica ragione dietro all’ampliamento della chiesetta.


La reazione alla Riforma protestante
C’è un grosso rinnovamento di tipo verticistico - spiega Cardini -, perché la riforma ha dato un colpo mortale alle devozioni cattoliche, anche alle più seguite come il pellegrinaggio e il culto delle reliquie. È venuto meno alla Chiesa un cespite economico importante, anche se non se ne parla mai. Dunque, bisogna rilanciare, fare una vera e propria «riconquista» cattolica del mondo cristiano che è rimasto aderente alla Chiesa di Roma. La motivazione ufficiale secondo cui la chiesetta di Santa Maria di Campagnola necessitasse di essere ampliata per accogliere più fedeli non dice tutta la verità. I dati demografici del tempo non registravano un aumento della popolazione; dunque, la ragione addotta non ha fondamento storico. Non è che non bastasse più, bisognava ricostituirla sulla base di un rinnovato elemento religioso e devozionale il cui impulso veniva dall’alto, da una programmazione, non certo dal fatto che ci fossero più fedeli. Questo può essere stato vero nel IX e nel X secolo, non si può riscrivere la storia. L’elemento moderno che può spiegare la basilica di Santa Maria di Campagna e le altre costruite in quel periodo è la reazione alla Riforma protestante: si vedrà bene in seguito la politica a Piacenza della dinastia Farnese, i rapporti di questa con il papato, il rinnovamento del ducato e via discorrendo”.


Piacenza e Genova città di banchieri

Nel ‘500 Piacenza conosce un tempo nuovo: ricchezza, agricoltura specializzata, progresso. Eppure, il secolo immediatamente successivo alla fine del Medioevo testimonia non un benessere comune a tutta la popolazione, bensì uno squilibrio maggiore fra ricchi e poveri. “Non c’è più ricchezza, anzi, c’è carestia - avverte Cardini -. C’è un concentramento, un rinnovamento di ricchezza in termini soprattutto bancari e monacali. I grandi banchieri di Piacenza, così come quelli di Genova, sono al servizio della monarchia spagnola, e dunque di un grande motore di rinnovamento europeo che non ha rapporti immediati e strutturali con un miglioramento della società. È un tempo di crisi, di concentrazione della ricchezza - come accade oggi - e quando la ricchezza si concentra vuol dire che il livello di distribuzione della ricchezza si abbassa o, peggio, si annulla”.
“Alla concentrazione della ricchezza corrisponde un impoverimento della società civile: è proprio questo che accade, e dà grande impulso alla società piacentina, così come a quella genovese, in quanto società di banchieri. Per i pochi facenti parte delle élite la ricchezza cresce, ma sparisce il ceto medio, i ceti produttivi. Nel ‘500 si torna all’agricoltura, c’è un regresso di carattere socio-economico. Che poi ci sia una splendida fioritura dell’arte è un altro discorso: l’arte è al servizio delle élite che hanno soldi, cultura, buon gusto. Il Rinascimento non è stato un periodo di grande prosperità come molti credono, tutt’altro! È stato un tempo in cui i poveri e i miserabili non si erano mai visti in un numero e in una mancanza di qualità della vita come allora. Non a caso il Cinquecento è uno dei grandi periodi di concentramento dei poveri: è il momento in cui nascono orfanotrofi, ospedali, carceri, caserme”.


Lo sviluppo di Piacenza e Genova in un periodo di crisi globale
“Piacenza è un centro per la diffusione della Controriforma. È un centro dove si risponde alla crisi economica con una scelta elitaria che si basa sull’intelligenza di alcuni operatori economici che riescono, sulla base di un esempio prima fiorentino, poi fiammingo e poi genovese a rinnovare gli strumenti creditizi. A Piacenza nel ‘500 abbiamo un centro di élite sul piano del commercio e del denaro, dello sviluppo del credito, che è collegato ai grandi centri di potere del tempo, che sono essenzialmente il Regno di Spagna e l’Impero asburgico. In corrispondenza di questo - ricorda Cardini -, abbiamo un grande sviluppo in un periodo che si può qualificare fra l’inizio della Riforma nel 1517 e l’abdicazione di Carlo V nel 1556: a quest’ultima corrisponde una crisi poiché Carlo V, morendo, lascia l’impero spezzato in due. A suo figlio Filippo II affida Spagna, Italia, Fiandre e America, quindi il nucleo economico forte e potente, col centro propulsore nella Casa de Contratación (grande centro di transazione economico e finanziarie) a Siviglia, volante economico del tempo da cui dipende anche la prosperità di centri come Genova - dove c’è un luogotenente di Carlo V, l’imprenditore e banchiere Andrea Doria - e Piacenza, dove c’è un governo funzionale a questo sviluppo”.
“La prosperità di Piacenza - aggiunge lo storico - avviene perché è inserita in questo giro, che però non è esemplificativo di ciò che accade nel ‘500 bensì è elitario: questo spiega la ricchezza di Piacenza, di Genova e di altri centri e gruppi economico-finanziari nel quadro di una decadenza generale del mondo europeo dal punto di vista economico, sociale, culturale, di un impoverimento e di un peggioramento delle condizioni socio-economiche, climatiche e quindi demografiche. Quando il clima peggiora, la gente si ammala, soprattutto di malattie polmonari, che portano dunque a una diminuzione della ricchezza demografica. Questo è il periodo in cui paradossalmente Piacenza e Genova si sviluppano a livello economico, in un quadro di profonda differenziazione economica”.

Francesco Petronzio

Nella foto, Il prof. Franco Cardini a Piacenza ai primi di aprile al convegno storico promosso dalla banca di Piacenza e dai Francescani di Santa Maria di Campagna; accanto lui, la prof.ssa Valeria Poli. (foto del Papa)

Pubblicato il 17 giugno 2022

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